Serata conclusiva del Beaches Brew, la quarta in programma (sebbene il primissimo giorno di warm up sia stato annullato per maltempo), a Marina di Ravenna, sulla spiaggia Hana-Bi; parliamo di un’altra eccellenza italiana in ambito festivaliero, più lungimirante dei vari Ypsig o TOdays, dato che qui c’è un talent scouting ancora più approfondito, al fine di lasciare completamente gratuito l’ingresso ed offrire una ricerca di altissimo livello, tant’è che rileggere le line-up delle passate edizioni si trovano nomi che oggi hanno raggiunto platee importanti.
Dicevo serata conclusiva con una vera e propria maratona tra folk, sperimentazione, cantautorato, indie-rock e tanta qualità.
Parte alle 19,30 Rosali, sul palco piccolo, chiamato “Roof stage”, cantautrice americana, in Italia al seguito della Rose City Band, parte in solitaria accompagnata solo dalla slide guitar di Barry Walker, per essere poi raggiunta dalla stessa band citata; sicuramente sconosciuta ai più, poco di più di mezz’ora di set intenso, tra ballate e folk songs, rotonde e scritte benissimo, reminiscenze della tradizione americana in un songwriting cospicuo, presenta in particolar modo l’ultimo lavoro “No Medium” uscito già da un paio d’anni, bravissima.
Alle 20,20 ci si trasferisce al Beach stage, qui è il turno di Mabe Fratti, artista guatemalteca, in Italia per una manciata di concerti tra sperimentazione e avanguardia al servizio di suite dilatate.
Canta e suona il violoncello per un viaggio tutto suo, folk sudamericano, ma anche psichedelia a profusione, canzoni lunghe quasi dal sapore impro con sfumature jazzy. Secondo artista in bill e l’asticella è sempre alta.
La decima edizione del Beaches Brew parte soft, ma ci pensa Dion Lunadon, alle 21,25 spaccate, a spezzare l’andamento relax della line up, con una rasoiata rock’n roll, punk, indie e chi più ne ha, più ne metta, 45 minuti al massimo della velocità, denti digrignati, pogo continuo e divertimento assicurato.
Lui è un artista neozelandese classe 1976, che oltre ad una carriera militante tra band e progetti vari, per un po’ è stato anche il bassista degli A Place To Bury Strangers, che da noi passano spesso e volentieri, ne ha condiviso una finestra temporale importante fino a tre anni fa.
È in giro per presentare l’ultima fatica “Beyond Everything” uscita nel 2022.
Demoniaco.
Dopo l’irruenza punk di Dion, arriva sul Beach stage uno degli ensemble più chiacchierati del momento, i Lankum da Dublino, capaci di portare avanti la tradizione folk irlandese con tanto di strumenti tradizionali (cornamusa, concertina, harmonium) mischiandola con un approccio moderno, partendo da un songwriting di grande valore, tanto da catapultare i loro album sempre tra le prime posizioni nei best of di fine anno.
L’ultimo disco “False Lankum”, uscito per la blasonata Rough Trade, non sarà da meno, si candida ad essere uno degli album più significativi di questo 2023.
Nella dimensione live sono uno spettacolo, seduti in fila a quattro, mettono in scena una sorta di suite dilatata continua, le canzoni, come detto, sono bellissime, la simpaticissima vocalist Radie sfoggia anche un italiano perfetto per interagire ancora di più con il pubblico, raccontando aneddoti.
È la loro prima volta in assoluto in Italia, sono raggianti quanto emozionati, partono con la stupenda “The Wild Rover” passando per “The Young People” o “The New York Trader”, portando l’Irlanda e le sue atmosfere a Marina di Ravenna, 50 minuti di magia per una band unica e in stato di grazia. Torneranno in Italia a fine Luglio.
Chiude questa bellissima serata la nuova reincarnazione di Ripley Johnson, in giro da un pezzo con i progetti Moon Duo e Wooden Shjips.
Lui è un veterano del festival, data essere, quella di stasera, la sua terza partecipazione, i Moon Duo erano e sono di casa all’Hana Bi.
I Rose City Band, questo è il moniker, hanno già all’attivo 3 dischi, l’ultimo “Garden Party” uscito ad Aprile per Thrill Jockey, tra country e groovy indolenti, lui è un fuoriclasse della sei corde, con un curriculum da musicista vero, che ha scritto, nel suo piccolo, una parte di storia dell’underground americano e questo side project non è meno efficace dei fratelli maggiori.
Inizia sul Roof stage alle 23,25 per un’ora comoda di grandissima musica, quella che ti fa stare bene. Sono suite da percorso lungo, con una linea vocale popular, di scuola made in Usa, parte con “Empty Bottles”, per passare alla bellissima “Me and Willie”, ma tutte le scelte sono di livello per una media da 5 pallini di critica, c’è spazio anche per un paio di bis con l’amica Rosali, richiamata sul palco per suonare insieme un suo brano e condividere il lavoro più bello del mondo.
Parte il dj set after show per chiudere un festival bellissimo, di cui andare fieri, un appuntamento imperdibile e tra le cose migliori in Europa.
Atmosfera bellissima e rilassata, cultura e accessibilità per chiunque, fanno del Beaches Brew un diamante da tenersi stretto.
Lunga vita e buon compleanno.