Brucia lenta la feroce bellezza dei fratelli Timmins (Margo, Michael e Peter) e di Alan Anton, fedele alla loro storia fatta d’intensità, chitarre ed emozioni rigorose. Quel mix di folk, alt rock, blues inaugurato a metà anni ottanta e mai veramente abbandonato. “All That Reckoning” (2018) e la raccolta di cover “Songs Of The Recollection” trasportano verso questo nuovo album, dove il lutto (la morte del padre dei Timmins) diventa occasione dolorosa ma anche di cambiamento e riscatto.
Maturo, notturno, spesso minimalista ed essenziale negli arrangiamenti “Such Ferocious Beauty” ha il sapore dei bilanci inevitabili, di quegli attimi in cui la vita presenta il conto. È l’empatica voce di Margo a dare il benvenuto in “What I Lost” elegante riflessione à la Velvet Underground, un inizio sommesso e raccolto prima delle chitarre di “Flood” rarefatte e con riverbero, testo da brividi, ancora più significativo vista la recente alluvione in Emilia Romagna.
Quanto possano essere cool i Cowboy Junkies è ben chiaro in “Hard To Build. Easy To Break” in pieno spolvero blues elettrico prima di una serie di brani che esplorano territori quieti e delicati. Malinconiche ballate tra folk e country come “Circe And Penelope”, la chitarra acustica di “Hell Is Real”, gli archi e la batteria di “Shadows 2” che s’incontrano in un delizioso crescendo formano un equilibrio invidiabile con “Knives” e le sue trame misteriose sottolineate dal violino.
Gli arpeggi di “Mike Tyson (Here It Comes)” vibrano di furia trattenuta mista a tristezza mentre “Throw A Match” e la splendida, spettrale “Blue Skies” alzano e poi abbassano il ritmo con maestria. Finisce come era cominciato “Such Ferocious Beauty”: con una nota e un pensiero lasciati in sospeso. Dieci brani che mettono in mostra un lato ancora più intimo dei Cowboy Junkies in trentanove minuti destinati a rivelare col tempo la loro austera, dolce e tenace natura.