Se la Sub Pop viene a bussare alla tua porta, beh, un qualche merito lo devi avere. Ecco cosa è accaduto alla giovanissima Hannah Jadagu che ha risposto con piacere alla chiamata di una simile etichetta, pubblicando, nel 2021, un primo EP, “What Is Going On?”, sollevando non poco entusiasmo. Alla prova del vero e proprio album d’esordio (“Aperture” è stato album della settimana qui su IFB) la fanciulla non delude e affina maggiormente le sue qualità e la sua scrittura. Non potevamo lasciarci scappare la possibilità di chiacchierare con la nuova stellina della label di Seattle.
(L’intervista, nella sua forma originale, è sulle pagine di Rockerilla 513, maggio 2023)
A cura di Antonio Paolo Zucchelli e Cavrioli Riccardo
Ciao Hannah, benvenuta sulle pagine di IFB. Ci stai rispondendo da NYC? Cosa ci puoi raccontare del tuo trasferimento dal proprio in questa città? Pensi sia stata la scelta giusta per te?
Sì, ti sto rispondendo proprio da New York. Sono proprio convinta che sia stata la scelta giusta, è fantastico essere qui a New York, è una città molto più creativa, mi permette di creare e di esplorare.
Mi fa piacere, immagino abbia ispirato te e il tuo modo di scrivere nuova musica, sbaglio?
Sì, assolutamente, mi ha introdotto a molte nuove sonorità e a nuovi modi di vedere le cose. New York ha moltissime diversità culturali ed è una città molto cool. Mi piace.
Il tuo profilo Soundcloud è pieno di musica anche di qualche anno fa. Già da quando eri molto più giovane di ora sentivi la necessità di creare della musica?
Già quando ero alle scuole medie e poi alla high school era l’unica cosa che volevo fare. Quando tornavo a casa da scuola aprivo Garageband sul mio telefono e creavo la mia musica e poi la caricavo su Soundcloud. È una passione che ho da tanto tempo.
Beh, è importante avere iniziato presto e mettere passione in quello che fai e che ami…
Sì, sono d’accordo. Sai cosa è importante? Ricordarsi perché ami quello che stai facendo.
Il tuo primo EP, “What Is Going On?”, è uscito nel 2021: lo hai registrato con il tuo iPhone e il suo sound è molto leggero e delicato, molto intimo e personale, ma non certo ermetico nella sua esposizione. Era bedroom-pop, ma emergeva una vera di voglia di condividere i tuoi pensieri con altre persone. Che cosa ne pensi?
Credo che l’EP sia stato una buona introduzione verso il mondo della musica. Come dicevi tu, volevo essere molto intima, quindi ho scelto di farlo da sola e penso che abbia messo in mostra il modo in cui faccio musica e cosa mi ha fatto innamorare del creare musica. Era come una mia fotografia, l’immagine di me che dopo la scuola creo musica, quindi penso fosse giusto farlo uscire nella sua forma più pura.
Hannah, tu sei giovanissima: mi chiedo se la release di un album d’esordio con tutto ciò che ne consegue, abbia cambiato le tue abitudini quotidiane e se sei riuscita a mantenere le tue passioni che vanno al di fuori dal campo della musica.
Rispetto all’EP, l’album è stato registrato in uno studio. Ovviamente avevo scritto i miei demo, registrati nella mia cameretta qui a New York. Ora ho un laptop grande e ho gli speaker dei monitor, così le cose sono più facili. Ho lavorato insieme a un co-produttore in uno studio, usando strumenti analogici come i synth e poi un basso reale e una batteria vera. Ci sono stati nuovi elementi sonori sul disco. Questi, credo, siano stati i cambiamenti principali. Comunque ho ancora tempo per fare le cose normali come svegliarmi, preparare la colazione, chiamare mia mamma, andare a scuola. Lo posso fare ora perché non ho un ritmo troppo folle e, non essendo in tour adesso, posso concentrarmi sui miei studi e provare insieme alla mia band. Facciamo qualche concerto di tanto in tanto, ma ho detto al mio team che non voglio suonare molto finché il disco non sarà uscito e loro hanno ascoltato i miei desideri, così riesco ad avere la mia normale vita da ventenne.
Sono molto contento per te, Hannah. A questo punto mi chiedo come sia cambiato il tuo approccio per il lavoro sul tuo album. Mi hai detto che in studio avevi a disposizione più strumenti e che hai potuto lavorare con i synth o con un basso reale e altri strumenti. Come è stato per te, nel pratico, provare queste nuove cose?
È stato davvero bello poter provare nuovi strumenti. Sono stata fortunata di poter andare a Parigi, dove abita Max (Robert Baby), il mio co-produttore. Svegliarsi e poi entrare in studio dalle dodici alle quattordici ore al giorno è stato davvero bello e credo che mi abbia ispirato molti nuovi suoni. Max è stato molto collaborativo nel realizzare queste nuove sonorità e nel cercare di diversificare ogni canzone sul disco, usando strumenti diversi, pedali diversi, effetti diversi. In realtà avrei voluto fare queste cose già sull’EP, ma era difficile perché avevo solo il mio telefono e risorse limitate, mentre questa volta avevo un budget, un co-produttore e dell’attrezzatura all’altezza della situazione. Credo che la gente potrà accorgersi di queste cose ascoltando il disco.
Possiamo definire, a tratti, la tua musica come dream-pop. Ci sono questi synth con questa componente onirica, penso a una canzone come “Letter To Myself”, ma ci sono anche canzoni più fisiche e quasi rock come, per esempio, “What You Did”. Possono essere due lati della stessa medaglia senza risultare in contraddizione?
Se devo trovare una definizione generale per quanto riguarda il mio suono, beh, direi indie-alternative, ma come dicevi tu c’è sicuramente qualche canzone che suona più indie-rock, o “Letter To Myself” che è più dream-pop atmosferico, ma poi, se ascolti bene, ci sono pure influenze hip-hop. Mi piace che l’album abbia, appunto, varie influenze, che vanno dal rock e toccano indie e pop. Sono tutte cose che mi piacciono, vuole essere un piccolo melting pot. È un condensato di tutte le cose che ho ascoltato.
Sei stata a Parigi per registrare. Che idea ti sei fatta dell’Europa? Se dovessi confrontarla con New York, cosa mi potresti dire?
Sono stata lì per due settimane, poi sono tornata negli Stati Uniti e in seguito sono andata ancora a Parigi per altre due settimane, quindi circa un mese in totale. Mi è piaciuta molto, il cibo era molto buono. Inoltre anche l’aspetto riguardante la moda e il look è molto curato, soprattutto a Parigi. Credo però che New York sia più gentile verso i turisti rispetto a Parigi (ridiamo, ndr), ma a parte questo mi è piaciuta molto. In Europa ci sono veri amanti della musica che vengono a vedere live-show di gente che non conoscono, qua negli Stati Uniti tendiamo a essere più esigenti e solo una piccola comunità cerca musica nuova. È una cosa che apprezzo davvero molto.
Spero che tu possa venire in tour in Europa molto presto. C’è qualcosa di programmato? O magari ci stai lavorando?
Lo spero anch’io, ma per ora non c’è nulla di programmato, ma spero di potervi dare aggiornamenti presto. Sono stata nel Regno Unito a novembre, dove ho aperto il tour di Faye Webster ed è stata un’esperienza molto bella. Mi piacerebbe poter tornare e suonare in posti come Parigi, ovviamente, oppure Berlino. Non vedo l’ora di suonare in Europa.
Da quello che ho letto sulla press-release molti dei tuoi testi parlano della tua famiglia e in particolare di tua sorella. Sembrano essere una fonte di ispirazione per te. Che cosa ne pensa la tua famiglia della tua carriera musicale? Sono preoccupati per il futuro?
Sono molto felici e mi stanno dando tanto supporto. Amo la mia famiglia e sono davvero grata che mi lascino esplorare questa mia passione. L’altro giorno mia mamma mi ha scritto un messaggio per dirmi che era andata in palestra e il suo istruttore di ginnastica aveva messo delle mie canzoni. Sono la figlia più giovane e quindi sono stata molto influenzata da tutta la musica che si passava in casa. La mia famiglia ha sempre suonato e ascoltato molto hip-hop e R&B, mentre a mia sorella piaceva molto la musica indie che ascolto ancora oggi: credo che siano tutte influenze che puoi trovare sul disco.
Ho letto di come la fede abbia influenzato la tua infanzia. Qui in Italia abbiamo il Papa quindi la religione è una cosa importante e influenza le nostre vite, che tu sia credente o meno. La religione può dare forza e conforto. Tu cosa ne pensi? Credi che possa aiutare o che magari ci possa limitare in qualche modo?
Questa è una domanda difficile. Dipende da ciò che stai cercando nella tua vita. È qualcosa che può dare forza. Come l’Italia, anche il Texas, dove sono cresciuta, è un posto in cui la religione ha grande importanza. Essendo cresciuta lì, ho avuto esperienze in questo campo e anche nel disco si può sentire una sorta di background religioso: cerco di esaminarmi, cerco di capire come la fede è legata alla mia vita. In questo momento mi sto proprio chiedendo cosa significhi, per me, a livello personale.
È vero che devi ringraziare i Black Eyed Peas per qualcosa?
Sì, è assolutamente vero. Amo i Black Eyed Peas e sono una loro grande fan. Adoro il loro album “The End”, uscito nel 2009, quando avevo sei anni. L’ho ascoltato tantissimo durante i viaggi, mia mamma ha il CD e lo ascoltavamo spesso in macchina. Mi hanno proprio ispirata.
Le tue canzoni spesso iniziano con un riff di chitarra e poi il suono diventa più grande e ricco. Posso chiederti come sono nella tua testa? Solo chitarra e voce o hai già in mente come arricchirle?
Si, ora le mie canzoni iniziano con la chitarra e poi inizio a cantarci sopra. Una volta che ho preparato i testi e vedo dove mi portano, immediatamente sono pronta per aggiungere tanti nuovi strati sonori attraverso synth, batteria o drum-machine. Mi piace questo lavoro di aggiunta, ma per ora la fase iniziale arriva proprio con la chitarra e la voce, subito dopo aggiungo tutto il resto.
Mi piace molto “Explanation”, è una perfetta introduzione. È come se tu dicessi: “Qui troverete un po’ di tutto, dolcezza, sogni, intimità, ma anche qualcosa che vi farà muovere e ballare“. Cosa ne pensi?
Sono d’accordo con te e penso che possa servire per far capire a chi ascolta cosa aspettarsi dall’album. Abbiamo messo in mostra gli elementi che abbiamo usato: le voci, i riff di chitarra, i synth, ma si ascolta anche una base acustica e un beat di batteria che mi piace molto. Inoltre penso che sia una bella canzone perché tocca i miei piccoli temi di scrittura, continuando a farsi domande sulle cose della vita e sul loro significato. Nel disco cerco di esplorare molte relazioni sia con le altre persone che con me stessa e con la mia famiglia. Credo che Explanation sia una buona prima traccia per questo disco.
“Loose” mi ricorda musiciste come Soccer Mommy e Beabadobee. Sono artiste che ti piacciono? Credo che in questo momento ci siano parecchie musiciste che stanno facendo cose fantastiche, sei d’accordo?
Sì, sono molto d’accordo con te e loro due sono tra le mie influenze. Credo che questa canzone sia un esempio e uno specchio di molta della musica che sto consumando, specialmente quella scritta dalle donne. Hai detto Beabadobee e Soccer Mommy, poi mi piacciono molto anche Clairo e le Haim. Tutte queste donne, che stanno pubblicando ottimi album indie, mi hanno molto influenzata.
Quando ho sentito “Admit It” per la prima volta ho pensato che fosse una canzone che avesse subito un processo di rallentamento, mi piace molto quel suo beat. Posso chiederti se è nata così nella tua mente?
L’ho creata in camera nell’inverno dello scorso anno. Questa volta volevo iniziare con un beat e dei synth, mentre di solito, come ti dicevo, comincio con la chitarra. Abbiamo reso la registrazione un po’ più piena e abbiamo aggiunto un po’ di batteria acustica. Volevo che fosse differente e che non la si potesse comparare con le altre canzoni del disco. È stata ispirata dai miei ascolti di musica hyper-pop e hip-hop. Stato stata ispirata da gente come A.G. Cook, Charlie XCX, Caroline Polachek e dal pop sperimentale, ma anche dall’hip-hop e artisti come A$AP Rocky che mi piaceva molto ai tempi della high school. Con questa canzone ho provato a fare qualcosa di nuovo per me.
“Dreaming” è una canzone molto bella, è solare e immediata. Pensi di poterla paragonare a te stessa e al tuo modo di essere?
È una domanda davvero interessante. A livello sonoro “Dreaming” sembra molto felice e luminosa e in continuo movimento e probabilmente anch’io sono costantemente in movimento, sento di essere in cambiamento. Se ascolti i testi, però, sono leggermente tristi: mi sentivo tradita da qualcuno che mi piaceva e pensavo: “Non ti piaccio più“.
Che cosa ci puoi dire di “Warning Sign”? Canti in un modo molto dolce e sembra soul. Mi ricorda i francesi Air? Che cosa ne pensi?
Sinceramente non conosco gli Air, (ridiamo, ndr). Ora sicuramente li andrò ad ascoltare. In Warning Sign volevo parlare di essere una persona giovane all’interno dell’industria musicale. C’è chi è contento quando sei giovane perché ti può formare ed è notevole, per loro, quando riesci a scrivere una bella canzone appunto perché sei giovane. Un’ altra cosa che tengo in mente è che amano che tu sia giovane, tranne quando hai le tue idee e le sostieni in maniera forte. Bisogna tenere gli occhi aperti. Le voci invece sono
diverse, sono stata ispirata da gente come Arlo Parks. Qualcosa di R&B, molto rilassato, ma allo stesso tempo intimo. Mi piace questa canzone e credo che sia un esempio nella mia voglia di provare qualcosa di nuovo.
“Your Thoughts Are Ur Biggest Ostacles” è un avvertimento a chi ti ascolta che spesso siamo noi stessi i nostri maggiori ostacoli oppure è un’esortazione a credere comunque in sé stessi e a non avere paura di quello che si ha in mente?
Questa canzone parla dei miei problemi con l’ansia e di come cerco di superarli: l’unica cosa da fare è affrontarli giorno per giorno. Nel momento in cui l’ho scritta stavo attraversando un momento particolarmente difficile, quindi probabilmente ho cercato di dire cosa mi stava succedendo. Non possiamo sempre affrontare i nostri problemi mentali, ma credo che sia importante almeno ammetterli, così possiamo lavorarci sopra e trovare l’aiuto di cui abbiamo bisogno. Mi fa ricordare che l’ansia potrebbe essere il tuo problema più grosso, ma allo stesso tempo non bisogna lasciarsi consumare da essa.
Posso chiederti dei tuoi concerti? Stai già provando insieme alla tua band? Pensi che saranno molto differenti rispetto a ciò che ascoltiamo sul disco?
Siamo in tre, con me ci sono un batterista e un bassista / chitarrista / tecnico del suono; ci stiamo preparando e stiamo provando. Ci sentiamo e ci messaggiamo spesso, siamo solo in tre, ma cerchiamo il modo migliore per esprimere le canzoni sul palco. Forse sarà un po’ diverso rispetto all’album, ma in un certo senso sarà anche migliore. Ci stiamo lavorando e stiamo ancora cercando il modo giusto per proporre la mia musica dal vivo.
L’ultima domanda è per la Sub Pop, la storica label di Seattle per cui uscirà il tuo disco. Sono sicuro checonoscerai già la loro storia e il significato che ha avuto negli anni ‘90. Come è stato il tuo approccio con loro?
Sono stati loro a contattarmi su Instagram e mi hanno detto che gli piaceva la mia musica e mi hanno chiesto se volevo parlare con loro. Ho iniziato ad avere contatti con il loro team e ho scoperto subito che la Sub Pop non solo è un’etichetta iconica e leggendaria ma, se sono in questo campo da così tanto tempo, è anche perché si prendono cura dei loro artisti. Mi hanno dato davvero molto supporto e mi sento molto fortunata a poter lavorare insieme a loro, se devo essere onesta.