City And Colour era tornato lo scorso marzo con il suo settimo LP, “The Love Still Held Me Near”, pubblicato da Still Records / Dine Alone Records: il chitarrista degli Alexisonfire, che lo ha prodotto insieme al suo collaboratore di vecchia data Matt Kelly, racconta qui del periodo più brutto della sua vita in cui, tra le altre cose negative, ha perso il suo migliore amico.
Il musicista dell’Ontario sta portando la sua nuova fatica anche in Europa e oggi fa tappa al Parco Della Musica di Padova in quella che sarà la sua unica data nel nostro paese: le previsioni meteo sono davvero terribili, sebbene alla fine non scenderà una singola goccia di pioggia durante il suo concerto, e probabilmente ciò tiene a casa alcuni dei suoi fan, ma i presenti non mancheranno comunque di dare supporto a Dallas Green e alla sua band durante i cento minuti del suo concerto.
Lo show inizia molto puntuale – pochi secondi dopo le nove e mezza – e si apre proprio con “Meant To Be”, la canzone dedicata al suo migliore amico venuto a mancare nel 2019: l’emotività di questa canzone entra immediatamente nel cuore dei fan padovani, mentre i vocals del canadese sono supportati da una strumentazione completamente al suo servizio che si fa più o meno intensa a seconda del suo tono vocale. Non mancano inoltre bellissime armonie e sensazioni di grande emotività.
Poco più avanti ecco la vecchia “Thirst”, in cui Dallas invita i suoi fan a mettere le dancing shoes: la potenza e il rumore di chitarre e synth alzano sicuramente il ritmo del brano, ma senza che la sua vulnerabilità venga intaccata.
Green torna poi alla sua fatica più recente e lo fa con la title-track “The Love Still Held Me Near”: non solo qui il livello emotivo è davvero alto, ma questo pezzo ci fa tornare in mente la qualità e l’immensa classe di Jeff Buckley in quei suoi momenti riflessivi e incantevoli.
Questa canzone parla semplicemente di essere più gentili verso gli altri
dice Dallas introducendo “We Found Each Other In The Dark”: panorami sonori decisamente ampi disegnati con l’aiuto della lap steel guitar caratterizzano questo brano dalle tonalità country-folk, che mostra ancora una volta la grande sensibilità del progetto di Green.
“Astronaut” inizia con ritmi molto bassi e tantissima passione, per poi salire di tono e raggiungere una maggiore potenza, ma senza perdere nulla sotto il punto di vista emotivo.
Con tre chitarre protagoniste, “Hard, Hard Time”, che parla di
essere qui in questo momento
è ovviamente molto dolorosa, ma riesce perfettamente a trasmettere i suoi sentimenti con la forza della sua strumentazione che cambia spesso velocità.
A chiudere il mainset ci pensa “Bow Down To Love”, un’altra canzone dalla sua fatica più recente, per un susseguirsi di emozioni scolpite con la grandissima intensità delle sei corde, qui davvero protagoniste assolute.
Poco dopo ecco l’encore composto da tre pezzi, eseguiti prima da solo, poi insieme a Matt Kelly concludendo invece con “Sleeping Sickness” insieme a tutta la band, mentre il pubblico veneto canta e lo supporta con un sentito handclapping: folky e comunque intima, nonostante il largo spazio del Parco Della Musica in cui ci troviamo stasera.
Quasi cento minuti di concerto in cui il canadese e i suoi compagni ci hanno saputo donare tantissima sincera emotività, spesso accompagnata da un velo di tristezza e di malinconia a cui hanno saputo unire una eccelsa qualità: una serata difficile da dimenticare.