Non è stato facile per i BDRMM arrivare a questo secondo album. Il grande successo del primo album (per noi da 8,5 in pagella) ha creato aspettive tra gli ascoltatori, ma non ha fatto certo dormire sonni tranquilli ai ragazzi inglesi, che hanno cambiato parecchi studi di registrazioni e svariati produttori prima di arrivare a definire i punti fermi di questo “I Don’t Know”. Alla base di tutto c’è la voglia, anzi, la necessità di andare oltre a quanto proposto in “Bedroom”. Per quell’album citavamo, come punti di riferimento, gente come Cure, Ride, Chameleons, mentre ora l’anima post-punk e shoegaze si mescola e si confonde in pulsioni elettroniche che non possono non ricordare i Radiohead. Qualcuno potrà dire che il morbo di Thom Yorke e soci ha colpito anche i BDRMM, eh…in effetti si. C’è da capire se questo sia un male o un bene.
Se l’esordio era pulsante, oscuro, catartico e inquieto, ecco che in questo nuovo album le strutture si fanno più squadrate e strutturate, più complesse se vogliamo ma, nello stesso tempo, anche più riconoscibili rispetto all’esordio che viveva più di energia primitiva e con confini meno delimitati, con l’elettronica che diventa parte integrante e fondamentale del sound. Un bel rischio questo da parte della band, rischio che potrebbe far storcere il naso a chi vedeva in loro i nuovi paladini dello shoegaze, che però, dobbiamo essere sinceri, non è affatto scomparso dal radar, anzi, sembra evolversi in modo nuovo e inaspettato, grazie alla sagacia in fase di scrittura e alla produzione di Alex Greaves che non ha voluto ricalcare sentiri già battuti.
“Alps” è un biglietto da visita straniente e ipnotico: il suo incedere elettronico e minimale mette subito in chiaro che le cose sono cambiate, ma nei 5 minuti e 30 secondi del pezzo ecco che il finale ci riserva una sorpresa, aumentando i giri ritmici del motore, portandoci in uno stadio quasi straniante, in cui la fase onirica viene continuamente pungolata e invitata a pulsare. La doppietta “Be Careful” / “It’s Just A Bit Of Blood” è la fotografia di due estremi, della voglia dei BDRMM di non farsi ingabbiare dalle etichette e dai generi: la prima ricorda tanto i Radiohead quanto i Portishead, ma, giuro, a me fa venire in mente anche gli Stone Roses suonati a 78 giri, in preda a una narcolessia e un torpore che limita il ritmo ma non la capacità di incidere sul nostro animo, mentre il secondo brano citato ci riporta ai Ride o ai DIIV nelle parti più rumorose e chitarristiche, mentre i momenti di quiete ancora ci fanno pensare ai Radiohead.
Una trama circolare e ipnotica ci cattura in “We Fall Apart”, movimento sublime e soave, nel quale ti aspetti da un momento all’altro l’esplosione che però non arriva mai. “Advertisemnt One” è quasi un pezzo cinematografico da fantascienza onirica e solitaria e “Hidden Cinema” stessa sceglie la via più slabbrata e dilatata, per catturarci non con la forza ma con la magia dell’introspezione.
Il finale è decisamente valido con una “Pulling Stitches” che ancora sviluppa il discorso di una dicotomia sonica, tanto stratificata e rumorosa quanto lasciva e sensuale, a modo suo. I BDRMM senza limiti sono tutti qui, in questo brano che sembra cartina tornasole di ciò che i ragazzi cercano e nella sublime quiete di “A Final Movement”, tanto maestosa quanto delicata.
La domanda da farsi adesso è se questo album rappresenta per i BDRMM un punto di arrivo o una transizione verso qualcosa che brilla lontano. Sicuramente una cosa la possiamo dire, ovvero che la voglia di sperimentare e di staccarsi dall’etichetta shoegaze non li ha portati a fare una caduta rovinosa come accadde ai Ride nell’approccio al terzo disco “Carnival Of Light”, album che, anche per loro, doveva segnare l’esplorazione di nuovi territori sonori, ma che a conti fatti risultò fiacco e debole. Qui, questi due aggettivi non sono minimamente contemplati, anche se, lasciatemelo dire, continuo a preferire quell’effetto devastante e coinvolgente che mi procurò, fin dal primo ascolto, l’esordio.