Verso la fine degli anni 80 il mondo, musicale e non solo, stava riscoprendo e ridefinendo il Rock (e aggiungiamoci un bel “fortunatamente”!) dopo la sbornia pop/dance degli eighties.
Se da Seattle proveniva la rivoluzione di quel sound sporco chiamato Grunge grazie ai vari Nirvana, Soundgarden, Alice in Chains etc, e a Los Angeles la scena era dominata dal rock funkeggiante dei peperoncini e dal classic hard rock dei Guns n’Roses, il Regno Unito si stava preparando all’esplosione del fenomeno “Brit rock”.
Gli U2, dal canto loro, dopo aver intrapreso l’esperienza americana che li aveva condotti al riconoscimento e al successo internazionale dopo il tour di “The JoshuaTree” ma che aveva rischiato di farli implodere in seguito alle critiche ricevute in seguito all’esperimento di “Rattle and Hum”, completamente controcorrente decisero di non cavalcare quell’onda al loro ritorno in patria.
Bono & The Edge paradossalmente si erano infatuati di un altro genere di sound ovvero quell’elettronica che stava invadendo il vecchio continente e che metteva in prima linea l’uso della tecnologia a supporto della creatività di artisti/musicisti e all’esplorazione di nuovi confini musicali.
Adam & Larry invece non capivano come fosse possibile, proprio nel momento in cui il rock ritrovava il suo massimo splendore, non continuare su quella strada e confermare il loro rock evocativo che li aveva portati ad essere gli U2.
“Bisogna rifiutare la vecchia identità del gruppo, prima di trovarne una nuova. E nel frattempo c’è il vuoto. Si rischia il tutto per tutto.” Queste le parole di Bono nello splendido documentario ‘From the Sky Down’ di Davis Guggenheim uscito nel 2011 che fotografa perfettamente quel periodo e documenta proprio le dinamiche di attrito relative alla possibilità o meno di separarsi dal loro sound classico.
Tra le 2 diverse correnti di pensiero, come è storia, prevalse la prima, quella della contaminazione, e così, quando il 3 ottobre del 1990 la band si trasferì a Berlino per iniziare le sessions di quello che sarebbe stato il loro nuovo album, seppur con notevoli difficoltà e profondi momenti di scoraggiamento, vide la luce (a detta di molti e compreso il sottoscritto!), uno tra i 10 album più grandi e sicuramente più importanti di tutti i tempi”…”Achtung Baby” !
Il tour che seguì l’uscita dell’album, concepito come un vero e proprio esperimento multimediale con l’immagine e la pubblicità assoluti protagonisti, e che li portò in giro per i palchi di mezzo pianeta per ben 2 anni fu un successo clamoroso che elevò la band nel gotha musicale trasformandoli da ottimi musicisti a vere e proprie super star!
I nostri, che da questo momento avrebbero anche potuto tranquillamente vivere di rendita e di gloria eterna, anzichè prendersi una meritata e legittima pausa, iniziano proprio durante lo ‘Zoo Tv Tour’ a registrare in piena trance agonistica (incalzati a dirla tutta dal produttore Brian Eno e dal manager Paul McGuinnes che sentono di dover battere il ferro finchè è caldo) nuovi brani che avrebbero dovuto comparire inizialmente in un Ep, quasi come se si trattasse di una costola del precedente capolavoro.
A sorpresa, invece, i negozi musicali dell’intero globo il giorno 5 luglio 1993 esposero in bella vista sui loro scaffali un nuovo e inaspettato album con un’appariscente copertina viola decorata con le stelle dell’unione europea che contornano il viso di un ragazzino trasformato in tv (simbolo della dittatura televisiva del mondo occidentale che imperava ad inizio ’90) intitolato “Zooropa”.
Si trattò di un album che non può in nessun modo, semplicemente per come è stato concepito, essere considerato slegato al precedente (a differenza del successivo “POP” che, pur continuando nella fase sperimentale del sound della band, vive di luce propria) sia perchè ne riprende le medesime sonorità sia perchè tratta le stesse tematiche (dalla mancanza di costrizioni ideologiche dovute alla caduta del muro di Berlino che infondeva nuove speranze ma allo stesso tempo smarrimento, alla voglia di pace e globalizzazione contrastante con la guerra in Jugoslavia, dalla voglia di trasformazioni e sperimentazioni al dominio della comunicazione in grado di plagiare e condizionare la vita dei cittadini).
Per alcuni critici fu considerato all’epoca un disco incompleto e pasticciato e per i fan della prima ora un’esperimento da dimenticare quanto prima, ma a distanza di 30 anni è giusto che gli si riconosca l’importanza che merita. Con un po’ più di tempo e qualche modifica o aggiunta ulteriore probabilmente avremmo gridato ad un nuovo capolavoro ma forse proprio per la sua anarchica sperimentazione ad oggi risulta un ottimo lavoro di una band in stato di grazia.
Prendete per esempio il trittico “Numb”, “Lemon” e “Stay (Faraway, So Close!)””….se solamente questi 3 brani insieme magari alla toccante balladminimal “The First Time” o al folk elettronico di “The Wanderer” impreziosita dalla voce unica e sciamanica di Johnny Cash avessero davvero composto un Ep, avremmo avuto forse il più grande Ep di tutti i tempi.
Già , perchè quel mantra rappato su base industrial, che è “Numb”, con il quale The Edge ci elenca una serie di divieti che stordiscono il cittadino Europeo, quel brano eletcro/psichedelico geniale che è “Lemon”, che vanta una prestazione vocale in falsetto maestosa di Bono (alias MacPhisto, in uno dei suoi vari molteplici alter ego dell’epoca) e la memorabile “Stay”, quasi al pari del livello delle altre 2 ballad capolavoro della band (“One” e “With or Without You”), sono 3 brani che, siamo sinceri, gli U2 di oggi non sono più in grado di scrivere.
Ci sono poi le chitarre dilatate di The Edge e la batteria timida di Larry Mullen mixata alla drum machine che introducono i messaggi pubblicitari quasi sussurrati da Bono nella titletrack, per poi deflagrare nella parte finale con chitarre distorte appoggiate su suoni stranianti inventati da The Edge che si mischiano ai cori e al decanto di Bono che ci avvisa di ritrovarci in un posto ostile e ignoto ma che non dobbiamo averne paura perchè andrà tutto bene (e a distanza di 30 anni forse non abbiamo ancora capito se l’Europa sia un posto più ostile o più rassicurante !?).
E ancora la ballata suadente e un po’ ruffiana “Babyface”, forse il brano più commerciale dell’intero lotto, e i 2 brani istrionici/sperimentali senza coordinate quali “Daddy’s Gonna Pay for yourCrashed Car”e “Dirty Day” che anticipano il discorso proseguito poi in”Pop” con brani quali “Miami”. Del tutto prescindibile invece “Some Day are better than others” che con un testo e composizione piuttosto banale, sembra essere messa nel mucchio giusto per fare numero.
La scelta azzardata di farlo uscire in contemporanea ad un tour fu affiancata per lo più da quella di pubblicare i singoli solamente in versione VHS, che, se da un lato simboleggiava il predominio dell’immagine nell’era MTV, dall’altro premiano vere e proprie opere d’arti, quali i 2 indimenticabili video musicali di “Numb” e “Lemon” diretti rispettivamente da Kevin Godley e da Mark Neal.
Incompleto o meno, esagerato o meno, autoreferenziale o meno, frettoloso o meno e prendete pure tutte le critiche che gli sono piovute addosso, questo album vanta di sicuro una grandissima qualità , il coraggio! Viste le ultime prove della band di Dublino che hanno preferito una confort zone per non disorientare più di tanto l’ascoltatore, c’è da sperare che quella voglia di osare esista ancora nel dna dei 4. In caso contrario io mi accontenterei tranquillamente di altri tour celebrativi di “Acthung Baby” e di “Zooropa”, dopo quello di “Joshua Tree”, con la consapevolezza che il meglio ce lo siamo già goduti !
U2 – “Zooropa”
Data di pubblicazione: 5 luglio 1993
Tracce: 10
Lunghezza: 51:20
Etichetta: Island
Produttori: Flood, Brian Eno, The Edge
1. Zooropa
2. Babyface
3. Numb
4. Lemon
5. Stay (Faraway, So Close!)
6. Daddy’s Gonna Pay for Your Crashed Car
7. Some Days Are Better Than Others
8. The First Time
9. Dirty Day
10. The Wanderer (starring Johnny Cash)