A un certo punto, nemmeno troppo in là con il minutaggio, di questo horror psicologico australiano si capisce perfettamente dove voglia andare a parare, si fa due piú due col fotogramma iniziale e la sorpresa, semmai la si possa intendere tale, è rovinata. E quindi ti rimane la pur brava Sarah Snook che si danna e strugge in preda ai sensi di colpa e una figlioletta infestata dal fantasma della sorella defunta da piccola.
Al netto di una fotografia gelida, capace di farti sentire il vento e palpare la nebbia delle scogliere del sud australiano, “Run Rabbit Run” si concentra troppo sul manco ben sviluppato aspetto psicologico e fallisce proprio come horror, arrancando fino al finale senza mai colpo ferire, se non solo e soltanto per pochi secondi nella scena delle forbici.