Credit: Fabio Campetti

Tornano in Italia anche The Brian Jonestown massacre, per un mini tour che tocca Soliera in provincia di Modena, all’interno del sempre eccellente bill di Arti Vive, ma anche Chiusi, a sua volta, in provincia di Siena per il consueto appuntamento del Lars Rock Fest, altro fiore all’occhiello degli appuntamenti estivi, quindi Torino il prossimo lunedì allo Spazio 211.

Il collettivo di San Francisco mancava dall’Italia da prima del covid, passarono da Milano, se non erro, nel 2018.

In circolazione da più di tre decadi, capitanato dal carismatico Anton Newcombe con una discografia lunga ai limiti dell’impossibile, in teoria qui per presentare l’ultimissimo “The future is your past“, l’ennesimo lavoro in studio di un percorso iniziato nel lontano novanta.

Ultimo disco accolto, per altro, con lodi di rinascita e una ritrovata verve nella scrittura, la ricetta è sempre la stessa, recuperare quei lidi psichedelici, fumosi quanto ipnotici di un tempo che fu.

I sixties, il suono sporco e analogico, le chitarre rumorose in modalità overdrive, e un canto indolente, marchio di fabbrica della scrittura dello stesso Anton.

Stasera si chiude anche il festival Arti Vive nella sua dimensione internazionale per lasciare spazio all’ultima serata, quella di domani a due artisti di casa come Colombre e Generic Animal.

Una line up che ha visto gli irruenti Shame e i sempre bravissimi Notwist e la nuova suggestione Miss Gritt a completare una quaterna di scelte headliner sempre sul pezzo e mai scontate.

La location è molto carina, siamo nella piazza centrale antistante le mura del castello, arti vive è un piccolo festival a portata di mano, e come scrivevo sopra sono passati artisti di tutto rispetto nella sua già lunga presenza nelle estati emiliane.

Concerto che parte un attimo in ritardo, sono le 22 esatte quando gli otto musicisti salgono sul palco, da un certo punto di vista, uno delle band più assurde in circolazione, in primis per il senso di relax, in gergo si direbbe “super sciallati”, praticamente un paio di minuti di pausa tra una canzone e l’altra, con tutta la naturalezza del caso, quasi fossero nel salotto di casa.

I suoni sono buoni, nonostante si scoprirà in seguito, non abbiano un fonico che li segua per questo tour, ensemble comunque atipico con quattro chitarre, per una sorta di wall of sound da figli dei fiori.

La setlist è più o meno la stessa che stanno portando in giro in questo 2023, da “#1 Lucky Kytty” a “The Real”, da “Do you thank I’m joking?” a “Servo”, per chiudere con l’abituale “Abandon ship” dove saranno i rodie ad aggiungere altre due chitarre passando da quattro a sei per un folle intreccio di sei corde.

Due ore di happening per diciassette brani, allungato, come detto sopra, da vari time out. Band stralunata e atipica, folle e insolita, che rispecchia perfettamente l’indole del suo carismatico leader Anton.