Credit: Photobra|Adam Bielawski, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

Quando si pensa a David Bowie si pensa immediatamente al Glam, alla trilogia berlinese, agli iconici travestimenti, oltre che, naturalmente, ad uno degli artisti più grandi di sempre della scena musicale mondiale. E se è vero quanto affermava Goethe, che dove c’è molta luce l’ombra è più nera, anche nella vita del Duca Bianco non è sempre stato tutto oro ciò che luccicava. Una di queste ombre è rappresentata senza dubbio da quella del suo fratellastro, Terry Burns.

Quest’ultimo, infatti, era affetto da schizofrenia, malattia che lo condurrà al suicidio il 16 gennaio del 1985. David, sin da bambino, è sempre stato molto legato al fratello maggiore, di dieci anni più grande e nato da una precedente relazione della madre. Come più volte ha ricordato lo stesso artista inglese, Terry ha avuto su di lui una grandissima influenza, anche musicale, introducendolo al jazz ed al rock’n’roll a stelle e strisce. Nonché alla lettura di autori – in direzione ostinata e contraria – quali erano Ginsberg, Kerouac, Cummings. I problemi mentali del fratellastro, purtroppo, pare che provenissero dalla famiglia materna. Anche la madre di David, Mary Burns, infatti, nel corso del tempo perderà un po’ la bussola e questo segnerà profondamente l’autore di “Heroes”. Il Duca Bianco, come un’immensa spada di Damocle, si porterà appresso per quasi tutta la vita la paura di impazzire.

Per chi vi scrive, il tormento interiore di Bowie relativo a queste dinamiche familiari, è facilmente rintracciabile anche in alcuni dei suoi pezzi più celebri. Del resto, stiamo parlando di un fuoriclasse, di un genio, il cui immaginario era pregno di riferimenti ad alieni ed alienati, a personaggi “spaziali” provenienti da altri mondi. Probabilmente, e sempre per chi vi scrive, dagli stessi mondi in cui si rifugiava David per sfuggire alle proprie ossessioni. E quel fratellastro così problematico, ma allo stesso tempo così legato al vecchio Ziggy Stardust, al punto di girare per i corridoi delle cliniche psichiatriche in cui (spesso) era ricoverato dicendo a tutti di essere il fratello maggiore di un cantante di successo, rappresenterà per Bowie uno dei tormenti più difficili da arginare. David gli dedicherà anche un brano, “Jump They Say”, uno dei singoli principali di quel disco(ne) che è “Black Tie White Noise”.

Ai funerali di Terry, però, il Duca Bianco non vi parteciperà. Troppo grande il dolore. Troppo grande la voglia di non oscurare, con flash e lustrini, la stella del fratello defunto.

Chissà cosa sarà passato per la testa del Duca durante quei momenti. I ricordi, molto probabilmente. O, forse, la consapevolezza che per lui, nonostante il successo, non doveva essere stato così facile essere il fratello minore di Terry Burns. Colui che, nella grande lotteria della vita, aveva avuto la sfortuna di pescare un bussolotto peggiore rispetto a quello che aveva pescato David. E chissà che la prima bozza di “Jump They Say” non sia nata proprio lì,  in quel momento, nella malinconia di quella prima metà di gennaio del 1985.