Di Enrico Sciarrone
Non nascondo l’estremo piacere con cui torno ad occuparmi, dopo tre anni di assenza, dello Ypsigrock a cui sono profondamento legato sia per la frequenza e militanza da spettatore (ne ho vissuti almeno la metà e quest’ anno siamo alla ventiseiesima edizione) sia da recensore per il sito. Sono sempre rimasto impressionato dalle straordinarie e sempre intatte capacità di questa kermesse musicale di dipanarsi nel corso del suo svolgimento in una dimensione sempre “a portata di mano”, “fruibile, “godibile“, dove tutto è possibile e può accadere, dove gli artisti, sono naturali protagonisti anche prima e dopo le performance in un straordinario e spontaneo intreccio con il pubblico senza forzature, in un clima di assoluta spontaneità e rispetto. Questo grazie anche ad una straordinaria organizzazione (gli infaticabili Marcella, Maurizio e Vincenzo) consolidata nel tempo, ad un paese intero che sostiene l’evento e a Sua Maestà il Castello, accogliente e cosi recettivo che ci ricorda sempre che il genio e il talento dell’uomo ha radici nei secoli. Detto questo, mancando da qualche anno, devo riconoscere che ho approcciato la manifestazione con un animo estremamente curioso e anche un po’ inquieto, chiedendomi se i recenti accadimenti pandemici che tanto hanno impattato sulla nostra quotidianita’ avessero potuto incidere anche sui nostri comportamenti verso un happening di massa cosi importante o che determinate alchimie che hanno reso grande l’Ypsigrock potessero essere venute meno.
Per parafrasare l’ultimo lavoro della band, headliner della prima serata, “volevo solo magia” e con questo spirito vi racconterò le giornate del festival.
Giovedi 10 agosto, prima giornata.
Guai a parlare di effetto traino dell’appena concluso Ellenic Music Festival nella suggestiva location della Valle dei Templi, anche quest’anno la line up della manifestazione, che ha preso corpo nel corso degli ultimi mesi, ha garantito un offerta, in grado di non scontentare nessuno e la prevendita sold out già annunciata per le prime due serate ne è conferma. Se poi in passato la prima serata del festival era dedicata ad una sorta di fase di “riscaldamento” in attesa di entrare nel vivo della manifestazione con una
serie di esibizioni più di nicchia, quest’anno si è entrati subito in “temperatura” e a farla da padrone subito una proposta che ha alternato alternative rock, post punk, dream pop.
Con un Castello ancora baciato dagli ultimi bagliori di un sole al tramonto, un pubblico ancora in fase di ambientamento, è toccato all’energico trio queer post punk Thus Love “rompere il ghiaccio” dando il via alla manifestazione con una vigorosa performance del loro lavoro d’esordio “Memorial” dove ha imperato un novello Peter Murphy (a livello vocale) a suo agio su ricami chitarristici imponenti e spesso distorti. Purtroppo, a mio avviso, forse un non adeguato sound check ne ha esasperato i livelli a scapito della qualità, rendendo spesso il tutto come un enorme pastone sonoro. Sicuramente volenterosi.
Molto meglio i britannici Pale Blue Eyes che, a dispetto del loro orientamento dichiarato a connotazione dream pop con chiari riferimenti new wave, emerso nel loro album d’esordio “Souvenirs”, hanno presentato alcune tracce del nuovo lavoro “This House” in uscita a settembre, dove è emersa con forza una rilettura piu moderna del pop, piu strutturata e innovativa, che il pubblico ha mostrato di gradire molto. Convincenti.
A seguire il giovane Ekkstacy, artista canadese, accompagnato dalla sua band, anch’esso cresciuto e formatosi a pane ,new wave e post punk. Non è fortunato nella prima parte della sua esibizione, a causa di problemi tecnici, ma poi prova a recuperare pescando con vigoria e forza dal suo ultimo lavoro “Misery”, mostrando buona personalità e presenza scenica. Da rivedere.
Infine loro, gli headliner della serata i Verdena, attesissimi dal pubblico (con stuolo di fedeli aficionados a giudicare dalle shirts in mostra) dopo l’uscita del loro ultimo album “Volevo solo magia” (appunto !), che ha posto fine ad una assenza dalle scene durata ben 7 anni. Naturalmente la performance ruota attorno alla promozione dell’ ultima produzione, accolta in modo molto controverso dalla critica, da cui la band pesca abbondantemente (saranno ben nove i pezzi prescelti) non disdegnando però salti nel passato (gli album “Wow” e “Requiem” maggiormente gettonati, ma si è pescato anche nell’ album d’esordio, nel tripudio generale). Fin da subito è stato chiaro l’intento della band, divertirsi e far divertire. E lo si è visto: una performance di alto livello, un suono asciutto, essenziale, senza risparmio, per creare l’alchimia giusta insieme al proprio pubblico, in un abbraccio ideale quasi a ripagare un vuoto durato cosi tanto tempo. Missione Compiuta.