I festival estivi nelle zone di villeggiatura italiane, soprattutto in Puglia, negli ultimi anni abbondano. E questa è una bellissima novità che, come al solito nella penisola, stupisce solo quando si pensa che ci siamo arrivati così tardi. Il Locus Festival, che ho visitato per la prima volta in occasione della serata capitanata dagli Ezra Collective, sembra ormai una realtà consolidata che porta sulle sue scene artisti d’indubbio valore, sia più giovani (come la band londinese), che più attempati (Robert Plant e Sigur Ros quest’anno). L’organizzazione del festival è buona e la location gradevole, con stand per acquistare cibo, drinks e un mercatino da visitare tra un atto e l’altro. Ancora meglio sarebbe se si potessero prevedere zone parcheggio più comode e attigue all’ingresso, rispetto a quelle previste.
La serata a cui abbiamo assistito vedeva tre artisti al prezzo onesto di 34,50 euro. Soprattutto se parliamo di artisti di questo calibro. Unica pecca di una serata stupenda: gli Ezra Collective sono saliti sul palco dopo mezzanotte, il che oltre a essere un orario di per sé impegnativo, segna oltre un’ora di ritardo rispetto a quanto annunciato. Vi sembrerà strano ma ho assistito a una quantità di Festival all’estero dove gli orari annunciati venivano rispettati: la gente ha impegni e accolli e deve sapere come organizzarsi prima e dopo l’evento.
Venendo allo show in sé, non posso che spendere parole entusiastiche per una band il cui album “Where I’m Meant To Be” avevo inserito in alto nella mia classifica del 2022. Si tratta di musicisti appassionati e preparatissimi. Rispetto ai dischi mancano le parti vocali. Lo show si basa dunque sui riff che conosciamo dai dischi, suonati a massima velocità e intensità allo scopo di far ballare il pubblico, nonché su una dose d’improvvisazione. Serotonina a palla mentre Femi Koleoso e suo fratello TJ ci incitano a sentirci come se fossimo su una pista da ballo, a “ballare come se nessuno ci stesse guardando” a godere del momento “perché il domani non è garantito”. Ed il pubblico esegue, come in un rito collettivo improntato alla gioia e alla voglia di essere felici. Il pubblico balla, ripete le armonie a squarciagola, salta e esegue tutto ciò che gli viene indicato di fare.
Un concerto dove la grande musica si esprime così, tramite un messaggio leggero e di divertimento. Di fratellanza e di piacere collettivo. Non mi soffermerò troppo sulle doti tecniche enormi del quintetto. Su un bassista e un batterista che sono delle macchine da guerra, i veri leader musicali che fanno correre la musica come un purosangue alle corse e rendono impossibile a chi ascolta stare fermo e indulgere nelle proprie tristezze e timidezze. Sarebbe un’utopia meravigliosa quella di un mondo migliore in cui gli Ezra Collettive arrivassero a riunire decine di migliaia di persone per i loro live, facendole ballare spensieratamente in questo modo. In un rito di gioia e fratellanza dove a nessuno verrebbe in mente di spruzzare spray al peperoncino per il solo gusto di mandare sconosciuti all’ospedale.
Prima dei londinesi, sul palco era salita Fatoumata Diawara. Altra grande musica che costituisce un crossover culturale tra diverse tradizioni. La maliana porta uno spettacolo coinvolgente e ricco di suoni etnici, declinati in un linguaggio tra il jazz e il rock, spalleggiata da una band di alto livello. Per quanto riguarda La Niña, artista napoletana che ha aperto la serata, posso solo rendere onore al coraggio dimostrato per avere condiviso il palco con colleghi di questa caratura. In conclusione: grazie al Locus festival per una serata di grandissima musica e per avere riportato in Italia gli Ezra Collective i quali sembrano godere da noi di una fan base entusiasta. C’è speranza per il belpaese.