di Davide Cavrioli

Quando mio fratello Ricky (redattore di IFB) mi ha chiesto di scrivere due righe per i 35 anni di “And justice for all””…mi sono chiesto cos’altro potevo aggiungere riguardo ad un disco sul quale è stato detto praticamente tutto. Rappresenta uno dei dischi che mi hanno formato ed educato in maniera praticamente totale, insomma l’effige di “And”…” me la sono pure tatuata sul braccio.

Durante questi trent’anni ho ascoltato tanta musica, tanti dischi metal ma sicuramente nessuno ha avuto un impatto così devastante e totalizzante come fu per “…And justice for all”. Mi ricordo com’ero la prima volta che l’ho ascoltato: un adolescente insicuro e indeciso in cerca di emozioni sonore forti che proprio in questo disco ha trovato l’energia necessaria per formare un carattere musicalmente determinato.
Chi leggerà  questa recensione certamente conoscerà  ogni accordo di ogni singola canzone e concorderà  nel ritenere che non esiste un altro album così controverso nella storia dei Metallica: “Justice”, o lo ami o lo odi. Questo disco ci ha diviso e la letteratura sulla mancanza del basso ormai si è fatta epica. Gli anni Novanta in cui i Metallica hanno spalato quintali di letame su “Justice”, non suonando praticamente mai nessun pezzo tranne “One” (o qualche medley), non hanno fatto altro che alimentare il mito di questo disco perfetto.

Gli anni Duemila hanno segnato un netto cambio di tendenza rispetto al decennio precedente: una continua ricerca e illusione, per i fan, di poter tornare ai fasti di quel periodo. Una volta abbandonate le sonorità  pop e country, James e Lars ci hanno raccontato di essere ritornati dei veri metallari ottenendo, però, risultati forse discutibili. Il 2006, anno in cui ricorreva il ventennale di “Master of puppets”, mi aveva esaltato al punto da aspettarmi un super tour revival anche per il mio disco preferito; speranza puntualmente smentita. Segno che, anche per i nostri cavalieri, “Justice” non rappresentava forse un punto fermo della loro carriera. “Justice” fu’ il canto del cigno di quei meravigliosi anni ’80 in cui la band non sbagliò praticamente niente. Racchiude anni di esperienza on the road con tutte le emozioni lasciate in eredità  dalla morte di Cliff Burton, è stato creato un sound inimitabile e la sua batteria secca ancora oggi è praticamente inspiegabile.

Oggi “Justice” compie 35 anni, eppure è un disco che regge tranquillamente il confronto con la modernità  proprio grazie a quel sound unico. Su Youtube si può trovare l’album con le tracce di basso risuonate da alcuni volenterosi (o con un mix in cui quello strumento ritrova finalmente vita) ma a mio parere invece di aggiungere si toglie la magia. “Justice” è così, non si può pensare di modificarlo o di abbellirlo perchè quando tocchi la vetta del cielo puoi solo cadere. Questo vale ancora di più pensando al disco successivo, quel “Black Album” che ha consegnato direttamente i “‘tallica nell’olimpo del mainstream e che però ha fatto storcere il naso a noi thrashers.

“Justice” è stato il riassunto di rabbia velocità  e violenza e oggi ascoltandolo queste emozioni trasudano ancora limpide come allora. Ogni volta che esce un lavoro nuovo dei Metallica spero sempre di trovare quei cambi di ritmo, quelle melodie, quelle parti intricate, quei brani che si dipanano come una matassa incasinata per poi trovare magnificamente un senso e quel livore, ma i milioni di dollari accumulati in una carriera infinita (se li sono guadagnati eh, sia chiaro!) hanno (forse) ammorbidito le loro mani e il loro cuore, anche se le intenzioni sono sempre state sincere.

Per cui buon compleanno “Justice…”, 35 anni e non sentirli neanche un po’.


Data di pubblicazione: 25 agosto 1988
Studio: One on One Recording Studios in Los Angeles, California
Tracce: 9
Lunghezza: 65:33
Etichetta: Elektra
Produttore: James Hetfield, Flemming Rasmussen, Lars Ulrich

1. Blackened
2. …And Justice for All
3. Eye of the Beholder
4. One
5. The Shortest Straw
6. Harvester of Sorrow
7. The Frayed Ends of Sanity
8. To Live Is to Die
9. Dyers Eve