Accogliamo con grande piacere il ritorno dei Ratboys con questo loro quarto LP di studio, appena pubblicato per la Topshelf Records, una vera e propria sicurezza per quanto riguarda il mondo dell’indie-pop.
Sono passati ormai tre anni e mezzo dall’uscita del precedente, “Printer’s Devil“, arrivato all’inizio del 2020 proprio in contemporanea con l’arrivo della pandemia mondiale: l’anno successivo poi il gruppo di Chicago aveva festeggiato il suo decennale con “Happy Birthday, Ratboys”, un disco composto di vecchie canzoni riviste in una nuova veste.
Registrato per la prima volta fuori dal loro nativo Illinois (a Seattle insieme a Chris Walla, ex Death Cab For Cutie), questo nuovo disco è stato scritto nel 2020, mentre nell’anno successivo il gruppo statunitense ha avuto la possibilità di provare le canzoni, intanto che il Covid costringeva la cancellazione di tutte le attività live.
Questa volta anche il processo creativo è stato diverso rispetto al passato: se la frontwoman Julia Steiner ha comunque scritto quelli che lei stessa definisce come “i semi del disco”, poi tutti e quattro i componenti dei Ratboys hanno avuto la spazio e il tempo per lavorare con cura sugli arrangiamenti, mentre Chris Walla da remoto continuava a inviare loro suggerimenti, indicazioni e idee su come muoversi: solo a febbraio dello scorso anno si sono potuti tutti incontrare fisicamente all’Hall Of Justice Recording Studio di Seattle per portare a termine ciò che avevano già preparato e perfezionato nel corso dei mesi precedenti.
Non servono che pochi secondi per capire che il gruppo di Chicago ha voluto provare nuove direzioni: “Making Noise For The Ones You Love” è una vera furia sin dalla prima nota con grintosissimi feedback, un drumming poderoso e la stridente voce di Julia che mostra un’aggressività che non ci immaginavamo, citando un folle alt-rock dai sapori ’90s che ci piace davvero tanto.
Subito dopo ecco “Morning Zoo”, dove le tonalità sono decisamente più calme, seppur sempre luminose: qui si viaggia verso una comfort-zone su territori di country-folk e Americana, ma la bellezza melodica della canzone è davvero indiscutibile, mentre i numerosi spunti di violino che vengono utilizzati la rendono una perla ancora più preziosa.
La title-track “The Window” è un’altra delle gemme di questo disco: con un’anima acustica, il brano riesce poi a crescere e a raggiungere un’energia indie-pop che, a nostro personale avviso, rasenta la perfezione con quelle sue ottime melodie e un delicato quanto irresistibile coro che è un continuo di crescita emotiva sia a livello di vocals che strumentale.
Altro spunto interessante lo troviamo nella successiva “Empty”, un perfetto mix tra l’esplosività alt-rock degli anni ’90 (le Breeders sono citate qui e in tutto il disco) e la loro gentile sensibilità pop che da sempre li ha contraddistinti.
E’ poi doveroso citare la lunghissima “Black Earth, WI” (oltre otto minuti) che, non solo lascia a Dave Sagan la possibilità per tre lunghi minuti di mostrare il suo talento con la sei corde attraverso incredibili assoli, ma aggiunge un ulteriore esaltante punto di forza a questo nuovo full-length, dimostrando come i Ratboys non abbiano paura di sperimentare.
Inizialmente abbiamo avuto difficoltà ad assorbire “The Window”, un disco che senza dubbio è ricco di influenze del passato, ma ogni ascolto ce lo ha fatto apprezzare maggiormente e ci porta un gruppo coraggioso e consapevole dei propri mezzi, anche forse grazie all’aiuto di un fuoriclasse come Walla.
Rubiamo una frase al mondo del tennis per chiudere la nostra recensione: “Game, set, match”. I Ratboys hanno vinto ancora una volta.