La press-release di “Disappearing Coin” inizia raccontando che questo titolo proviene da quando, nel 2019 , Stephen Steinbrink guardò un video su Youtube in cui un mago fa completamente sparire una moneta dalla mano di uno studente.
A parte questo divertente anneddoto, in questi quasi cinque anni che dividono l’uscita di “Utopia Teased” e di questo nuovo disco il musicista di stanza a Oakland non è stato fermo, registrando ben due dischi di Boy Scout (ovvero Taylor Vick) prima di rimettersi a scrivere per il suo progetto personale.
La Vick ha ricambiato il favore, visto che la troviamo tra gli ospiti di questo nono LP dello statunitense insieme a Paul Frunzi degli Ever Ending Kicks, a Nick Levine dei Jodi e al suo co-arrangiatore di lunga data Andrew Dorsett.
Si parte con “Opalescent Ribbon”, il singolo principale del disco: sebbene in sottofondo si possano sentire synth rumorosi, la voce di Steinbrink (qui accompagnato anche da quella di Taylor in qualche tratto) è davvero gentile e ben si combina con il suono di piano e batteria, costruendo un pezzo indie-pop delicato, prima dell’arrivo di percussioni vibranti nella sua parte finale.
Poco più avanti “Cruiser”, invece, ci trasporta verso territori folk-rock nostalgici che ci fanno tornare alla mente verso gli anni ’70: elegante e disegnato con chitarra e piano, il brano viene impreziosito da fantastiche armonie.
La stessa nostalgia la troviamo anche in “Pony” dove, insieme alla sei corde e al piano, troviamo anche un’interessante lavoro dei synth, che aggiungono delicatezza e leggere sensazioni melodiche.
La brevissima (poco più di un minuto) “Step’s Disappearing Coin” è una traccia strumentale comunque interessante costruita con il piano e l’ìintrigante suono della marimba.
“Poured Back In The Stream” è probabilmente la canzone più soft di “Disappearing Coin”: la gentilezza dei suoi arpeggi e la morbidezza dei suoi vocals aggiungono un senso di intimità che la va a impreziosire.
Anche “Nowhere Real (Reprise)” ci riporta indietro di qualche decennio, rimanendo su territori folk-rock, ma nello stesso tempo si dimostra più luminosa rispetto alle tracce che l’hanno preceduta e il suo ritmo si alza, mentre compaiono leggere influenze psichedeliche.
In questi tre quarti d’ora circa Stephen Steinbrink riesce ancora una volta a sorprenderci e a trovare un sentiero da lui ancora non battuto in passato: un lavoro piacevole che unisce con intelligenza elementi pop con altri folk, lasciandoci in bocca un gradevole sapore.