The Cowboys tornano dopo quattro anni e hanno ancora voglia di divertirsi e di far divertire, tornati alla formazione originaria composta da Keith Harman (voce/tastiere), Mark McWhirter (chitarra), Zackery Worcel (basso) e Jordan Tarantino (batteria) infilano una serie di canzoni brillanti e spassose che non annoiano e si lasciano ascoltare fino alla fine.
La band riesce ad essere ancora ispirata e capace di diversi brani convincenti (e sono al sesto album), tramite un pop rock spensierato ma non troppo a partire dall’apripista “The Sultan of Squat” che apre le danze con ritmo e coretti che fanno già venire voglia di muoversi e far partire le danze.
Rock and roll e power pop che continua con “Raining Sour Grapes” che fa venire in mente Meat Loaf che esce dal congelatore, una scrittura sfavillante che non cala neanche quando il ritmo si rilassa e toni sentimentalmente caraibici ci regalano la ballata “She’s not Your Baby Anymore”, il pezzo più lungo dell’album.
La band sembra divertirsi e ha voglia di sorprendere con Keith Harman che si lascia andare anche ad accenni di falsetto (Token Drifter) o addirittura arrivano a ricordare i Devo di “Duty Now For The Future” con “Sick High Heels”, “Jhonny Drives A Beater” con Keith che anche vocalmente completa il ricordo.
Ma non crediate che la festa sia finita, anche la chiusura dell’album è deliziosa, “Phoebe from HR” al pianoforte è sorprendente con un ritornello a più riprese davvero coinvolgente accompagnato da cori ben fatti e “American Boy” che chiude più che degnamente il grande ritorno della band.
Dedicate un ascolto perché’ lo meritano e caso mai venissero in Italia per dei live non perdeteveli, perché in fondo nel loro stile troverete sempre qualcosa di interessante.