Muscolari, instancabili, potenti, determinati ed incisivi, una vera e propria macchina da guerra sonica, che, però, invece di seminare sofferenze, dolore e distruzione, diffonde, tra il pubblico accorso per questa nuova edizioni dell’Ecosuoni Festival, gioia, positività, amore, una sana e massiccia dose di adrenalina e, ovviamente, un piacevole ed appassionato miscuglio di sonorità blues-rock, grunge e stoner-rock.
I Bud Spencer Blues Explosion si presentano sul palco del festival, in una tranquilla serata di Settembre, nella operosa cittadina di Palma Campania, con uno spettacolo che non intende fare sconti a nessuno; chitarra e batteria martellano gli ascoltatori dall’inizio alla fine, dalla prima all’ultima fila, picchiano e dialogano tra loro, utilizzando quell’accattivante linguaggio universale di matrice hendrixiana che è nel DNA di ciascun essere umano, senza alcuna distinzione sociale, economica, etnica o religiosa. Perché noi siamo semplicemente questo: creature fragili ed emotivamente sensibili che vivono sotto il medesimo cielo, che navigano i medesimi mari, che camminano su una terra che non ha e non deve avere confini, limiti o barriere; una terra – e questa è una tematica che sta particolarmente al cuore al festival campano – che abbiamo il dovere morale di proteggere, di salvaguardare, di custodire e di difendere da tutti coloro che, invece, la considerano una loro esclusiva proprietà e la sfruttano, in modo massivo ed arrogante, producendo quei danni ambientali che mettono in pericolo la vita stessa su questo piccolo pianeta periferico verde ed azzurro.
Il blues punkeggiante, puro, genuino e psichedelico del duo italiano è un invito, quindi, alla vita vera, ad una visione realista di quelli che sono i problemi e le questioni da affrontare. Questa musica ha la capacità di risuonare dentro e fuori di noi, di aprirci gli occhi, di liberare le nostre menti dalla droga del facile compromesso, spronandoci ad uscire da quelli che sono schemi concepiti dal potere economico e politico precostituito e seguire una strada nuova, una strada nostra, una strada umana, una strada, finalmente, pacifica, solidale ed eco-sostenibile, una strada che sia vero godimento, ma che sia anche lastricata di impegno civile, perché, oramai, le buone intenzioni, i luoghi comuni, le chiacchiere e le parole stanno a zero. E, per ritornare ad una narrazione blueseggiante del nostro presente, siamo giunti al fatidico incrocio, possiamo morire e vendere l’anima al diavolo per l’ultima volta oppure possiamo lasciare che si Robert Johnson a mostrarci la verità, quello che siamo, quello che abbiamo fatto, quello che può essere o non essere il nostro futuro.