“Macerie del mio lato oscuro, in giro per il mio quartiere”. Recita così uno dei versi più accattivanti ed incisivi contenuti nel nuovo album dei Royal Blood, “Back To The Water Below”. “Il quartiere” di cui scrive e canta Mike Kerr in “Triggers”, pezzo centrale del quarto lavoro del duo britannico, potrebbe essere il mondo dello showbusiness musicale, mentre del “lato oscuro” della band di Brighton se ne è parlato molto negli ultimi mesi, soprattutto dopo le polemiche scaturite dalla loro (controversa) partecipazione al “Big Weekend” di Dundee. Ad ogni modo, non tutti i mali vengono per nuocere, ed il fitto chiacchiericcio scatenatosi sui Royal Blood negli ultimi tempi, sembra aver fatto bene al loro approccio durante la lavorazione di questo “Back To The Water Below”. Non più producer e “consiglieri illustri” come nei precedenti lavori, ma l’istinto della propria indole da seguire religiosamente come unica via di fuga dal recente passato.
“Shiner In The Dark”, ultimo singolo estratto (scritto di getto durante un soggiorno a New York), ne rappresenta l’esempio più calzante. La batteria hip-hop di Ben Thatcher fa da sfondo al solito basso-chitarroso di Kerr. Si tratta di un pezzo in pieno stile Royal Blood, con tanto di coretti appiccicosi. E se “Mountains At Midnight” è quanto di più vicino ci sia ai primi due album degli inglesi, con “There Goes My Cool”, invece, i due si affacciano spregiudicatamente dalle parti dei Queen. Il piano, il riff, il cantato, l’omaggio nel testo (“back to bite the dust“), quasi tutti gli elementi della penultima traccia dell’album rievocano le atmosfere della band di Freddie Mercury. Ne esce fuori un brano convincente anche nelle sue parti più ridondanti.
Riff a dismisura, ma poca melodia. Era stato questo il leitmotiv che in più di un’occasione aveva accompagnato le uscite dei Royal Blood. Beh, “Back To The Water Below”, smentisce in maniera netta tale credenza. In “The Firing Line”, vera e propria gemma del disco, oltre ad alcune vibes del britpop di un tempo e ad un certo retrogusto beatlesiano, infatti, è proprio la melodia a farla da padrona. Non si tratterà di un instant classic paragonabile a quelli delle band più blasonate degli Anni Novanta/primi Duemila, ma è sicuramente uno dei brani più interessanti del lotto e di tutta la discografia di Mike Kerr e Ben Thatcher.
Nell’esplosività catchy della sopraccitata “Triggers”, sono evidentissimi i resti del predecessore di “Back To The Water Below”, quel “Typhoons” che aveva diviso in due il fanbase della band britannica. Stesso discorso per “How Many More Times”, che suona rassicurante ed un po’ “di mestiere” nel suo incedere melodico (sì, anche stavolta). “Waves”, invece, chiude in bellezza un album che alza (decisamente) l’asticella qualitativa dei lavori pubblicati sin qui dalla band di Brighton. Non più outsider figli putativi di Queens Of The Stone Age, White Stripes e Muse, ma due musicisti che hanno (finalmente) preso coscienza delle loro capacità compositive. Più che ai mostri sacri del genere, dunque, lo sguardo di “Back To The Water Below” è rivolto agli stessi Royal Blood, ma in una veste nuova e più autorevole.