La storia del rock è costellata di album perduti o che hanno rischiato di diventar tali, di storie di incomprensioni ed incertezze, di promesse mai mantenute , di perdenti apparenti.
L’abbandono di un progetto o , al contrario, la riesumazione tardiva di un album può colpire ad ogni latitutine e ad ogni livello, ad arricchire storie leggendarie o piccoli eventi di provincia.
Grazie all’insistenza dei loro migliori consiglieri, “Wonderling Land” ad agosto è stato finalmenente pubblicato, dopo una lunga gestazione ma scongiurando l’ipotesi del “lost album”.
Un album, che vuoi per la natura di concept vuoi per problematiche interne alla band, pareva esser destinato a non veder mai la luce su fonte ufficiale, circostanza esorcizzata grazie alla caparbietà di coloro che credevano nel progetto.
Un album minuzioso nel delineare un concept, che affascina fin dalla copertina in stile fantasy e che ha convinto anche un ascoltatore come il sottoscritto, che non ha mai particolarmente apprezzato lo stile ascrivibile al cosiddetto “progressive metal”.
Escludendo le “bonus tracks”, ovvero “Evax’s letters to tiberius”, un epilogo con dolce arpeggio come linea guida e declamato in latino da un’inedita voce femminile e la “suite “, “Just three words” , che in circa 14 minuti tenta e riesce nel riassumere le caratteristiche di questo nuovo lavoro, rimangono 8 brani, che portano ad un giudizio ampiamente positivo.
L’album testimonia da una parte sia una perizia che una varietà strumentale ragguardevole ed ammirevole, dall’altra una capacità consolidata nella costruzione dei brani , che rifuggono i peggiori difetti del genere, ovvero il risultare inutilmente prolissi, ingiustificatamente intricati e, nei casi peggiori, bolsi e tronfi.
Nulla di tutto ciò accade, con un piacevolissimo equilibrio tra ariose melodie e sferzate metalliche, degni della miglior scuola prog metal ma anche con accenni ai Maiden più progressivi o all’oscurità dei maestri Goblin.
Molte luci ma qualche ombra, a mio avviso riscontrabile nei due pezzi più “tirati” o “mid tempo”, perfetti con la loro presenza nel bilanciare le anime diverse del concept ma meno effiicaci e più anomimi rispetto al resto della scaletta (“Skin as Snow” e “The weapons against the Giants”).
Un plauso all’etichetta Andromeda Relix che, grazie a compagini come Moto Armonico, Rosenkreutz o i più “tradizionalisti” Logos, ha coperto con successo un ampio spettro di ciò che può definirsi prog moderno.