Definitivamente fuori dal gruppo del fratello e della cognata preferiti, ovvero gli Arcade Fire, Will Butler torna in solitaria, rimescolando le carte in tavola, una sorta di rewind, un nuovo collettivo al seguito, che porta alla stretta collaborazione con i Sister Squares, che sono una band newyorkese che affonda le proprie radici nella danza e nel teatro (come da disclaimer) quindi per celebrare questa joint venture, un moniker che unisce i due idiomi, tra l’altro l’omonimo “esordio” è stato co prodotto simbioticamente dallo stesso Will e Miles Francis leader appunto dei Sister Squares.
Un nuovo percorso, per provare a ritagliarsi il giusto spazio nell’emisfero live, quello a lui più congeniale, tant’è che il buon Will sarà in tour in novembre, passando anche dal nostro paese.
Album anticipato già da diversi singoli, “Arrow Of Time”, “Willows”, “Stop Talking”, o la stessa danzereccia “Saturday Night”, una sorta di cuginastra di quel masterpiece che è “Afterlife”, per l’occasione supportata con un clip da connotazione amatoriale, che sancisce anche l’uscita di questo nuovo omonimo album, che fa da contraltare alla gemella “Long Grass” uscita, invece, un paio di mesi fa, dove anche li si percepisce una direzione movimentata; va sottolineato come, più che nei lavori precedenti, si senta la matrice del mastodontico gruppo di Montreal, per la moltitudine di colori e dettagli che diventano arrangiamenti delle canzoni stesse, canovaccio e peculiarità degli Arcade, e poi la voce, vabbè, quella è matrice umana da comune denominatore.
Le canzoni in questione, sono piacevoli e si lasciano ascoltate, purtroppo non c’è il talento del Butler più famoso, che ha scritto pietre miliari dell’indie anni zero / anni dieci, ma anche l’ultimo “WE” che sconfina nei venti, è già un classico, quindi, vita privata a parte, parliamo di un intoccabile numero uno, con cui ogni paragone risulterebbe in difetto.
Tornando a Will, il suo è un buon disco, divertente e ben arrangiato, probabilmente il lavoro migliore licenziato per questa carriera solista, ormai, almeno per adesso, diventata l’unica ragione di vita musicale. Album, che nella dimensione concertistica darà il suo meglio vista anche l’impronta da musica da ballo, voglio, anche, ricordare che lo stesso, è quel matto che, spesso e volentieri, si arrampicava sulle americane, come dire un animale da palco di quelli che si fanno notare.
Alla mancanza della scrittura regale, quella da talento vero, che la natura ha dirottato completamente sul parente stretto, probabilmente ci si deve un pò arrangiare, arrivando ad un quid per vie traverse e la succitata fantasia, in questi casi, è un’amica da tenersi stretta. Come detto sopra appunto è improprio fare paragoni, ed è pure giusto evitarli, anche se la voce e l’approccio ti riportano li, alla sua vecchia band.
Ripetendomi la dimensione live, sebbene senza, banalmente, aspettarsi le hit degli Arcade Fire, decreterà se Will è ancora uno dei piccoli fuoriclasse del game, ma ho la sensazione che li non ci siano dubbi in merito.