E’ di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) lbiaa sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor“, di “Iosonouncane meno male che esisti“, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni“, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.
IBISCO, Languore (album)
Basterebbe il titolo, con tutto il suo eco poetico e simbolista, a farci intuire che il secondo lavoro in studio di Ibisco è qualcosa che prova ad andare oltre la contemporaneità, al di là del velo che ci copre gli occhi, le orecchie e il cuore: a fugare ogni dubbio sul potere rigenerante che solo la poesia vera detiene, c’è l’ascolto tutto d’un fiato di un disco che si tiene in equilibrio fra il sogno e l’incubo, a cavallo fra utopia di un mondo diverso – che da “Nowhere Emilia” prende forma e sostanza – e l’incubo riuscito di un presente che ci annienta. In mezzo, c’è il prisma di rifrazione di “Languore”, medicina amara per ingannare una malattia che non ha cura.
DANIELE SILVESTRI, FULMINACCI, L’uomo nello specchio
Il sogno di tutti si realizza (mio compreso): un duetto tra due parti speculari che si guardano negli occhi d’un po’, e che finalmente riescono a prendersi per mano. C’è una narrazione intima e personale che racconta la fatica di cambiare, di trovarsi un po’ più vecchi ma sempre con la stessa voglia di vedersi giovani: un’idea geniale che regge un passo a due davvero potente.
TRICARICO, Faccio di tutto
E’ tornato a livelli altissimi Tricarico, con una canzone che scava nel petto e racconta più verità di quelle che solitamente riesce a contenere una canzone: il ritornello è una coltellata nel petto, ma le strofe fanno spalancare le finestre della mente con un flusso continuo di immagini che colpiscono al centro.
MAX GAZZE’, Che c’è di male
Il sound non cambia, ma cambia: questo sanno fare i veri campioni, giocando sempre allo stesso modo ma risultando costantemente diversi anche agli occhi di chi li guarda giocare da anni. Un inno contemporaneo per chi ama sempre un po’ fuori tempo.
GIANLUCA DE RUBERTIS, Pellicano
Il timbro di De Rubertis continua a rimandarmi, ad ogni nuovo primo ascolto, ad echi di cose perdute secoli fa. C’è una qualità estrema in ogni cosa che Gianluca fa: una penna acuminatissima che ricorda i grandi mistici della canzone italiana.
MALMÖ, Zolfo (album)
Quattro tracce che salgono dalle profondità più oscure della terra, che colano come lava fumante sulle rovine di questa nostra civiltà discografica: mentre per le vie del mondo impazzano canzonette per teste vuote, dalle parti dei Malmö s’intona un requiem che è insieme morte e rinascita, pace ed impeto. “Zolfo” è un lavoro coraggioso, che merita di essere salvato dal naufragio della nostra indifferenza.
BOETTI, Colpa tua
Un nuovo sound per un progetto che ha un volto e tanta, tanta gavetta alle spalle. E si sente tutta, questa benedetta gavetta, nella consapevolezza di una scrittura che mantiene un perfetto equilibrio tra leggerezza pop e profondità poetica, cucendo addosso alla voce di Boetti un vestito da gran galà perfetto per presentarsi di nuovo in società. Con una bomba a mano nella tasca.
DIGIOVANNI, In piedi sopra il mare
Una preghiera sussurrata prima sottovoce e poi urlata a pieni polmoni dalla punta della scogliera più alta, dal centro della nostra cassa toracica che spesso, troppo spesso, avvertiamo come una prigione per cuori malati: Digiovanni sceglie l’esordio più difficile, quello che passa per la genuinità, per la ricerca poetica e l’originalità. E non siamo abituati ad esordienti del genere.
HYNDACO, Radioaktiv
Sonorità sospese e atmosfere che rimandano a mondi lontani per gli Hyndaco che, recuperando tutta la bellezza del psyco-punk e dell’indie-rock inglese a cavallo tra Novanta e Duemila, intelaiano una trama di armonie e melodie belle, ben pensate e ottimamente performate. Mica male.
MAVERIX, Cowpunk (album)
Un lavoro divertente, intenso e rock’n’roll al punto giusto: nel titolo, c’è tutto quello che serve per comprendere la portata dissacrante e allo stesso tempo esaltante di un album che mescola influenze diverse, trovando il proprio baricentro in un riuscito melpot tra country, rock, pop e una buona dose di follia. Con un cuore decisamente a “stelle e strisce”.
ESSERE, Portami dove si cresce
Una ballad pop-punk che gode di buone sonorità, con una ritmica capace di creare un buon groove a sostegno di distorsioni gentili, mai troppo esasperate. In linea con un testo che, pur nella sua rabbiosa interpretazione, mantiene una dolcezza da vera e propria confessione intima.
PONI BOI, Doppia XL Fit Regolare
Era da un po’ che non ascoltavo un brano come quello di Poni Boi; c’è l’emo-pop di inizio Duemila mescolato ad una scanzonata visione del mondo squisitamente teen che mi fa venir voglia di rimettermi l’apparecchio ai denti e correre dietro all’autobus la mattina alle sette. Ricordi che solo il filtro del tempo permette di rendere positivi: fatto sta che la canzone mi piace e mi diverte, e va bene così.
TOMMI E.G.O., Vita Selvaggia (EP)
Una manciata di brani che con ironia caustica riesce a rendere efficacemente il senso di una contemporaneità priva di riferimenti stabili, in preda alla violenza di una “Vita Selvaggia” che finiamo col ritrovarci fra le mani e non saper gestire. A metà tra il primo Vasco e un retrogusto anni Novanta che ricorda un po’ Jova, un po’ Tricarico, un po’ la scena rap-pop del decennio successivo. Il tutto, con un tocco glam che diverte.
DENA BARRETT, Vorrei farmi esplodere la faccia
Ho scoperto i Dena qualche settimana fa con il loro primo singolo “Halloween”: che fossero dei matti esplosivi si era già capito, ma basta il titolo del loro secondo brano per confermare quella sensazione di avere tra le mani polvere da sparo e nelle orecchie il rumore delle bombe. Disagio sublimato in una cavalcata post-rock che non perde il proprio pop-appeal.
IL MAESTRALE, Euridice
Sì, sono fan e ormai lo sapete: potevo perdermi “Euridice”, il nuovo brano de Il Maestrale che chiude il distico classico inaugurato da “Medea” qualche settimana fa? Solita grande qualità ed estro estetico nel curare una narrazione che arriva a tutti, perché di tutti parla. Pronti, e da un po’, per quello che alcuni chiamano “il grande salto”. Io non saprei come chiamarlo se non: “merito”.
BLUMOSSO, Chi l’ha detto
Simone è uno dei miei cantautori preferiti e lo sa anche lui: “Chi l’ha detto” è una lista di domande che Blumosso rivolge a sé stesso, ma alle quali alla fine risponde per tutta l’umanità. Emergono echi di Giorgio Poi, ma sopratutto il solito timbro originale e potente del cantautore pugliese.
VALENTINA LUPI, Pronta a ballare
Un beat che sostiene con semplicità la potenza vocale di Valentina, incastrando con identità i pochi elementi presenti su una canzone che sa di nudità, e di dichiarazione di guerra contro ogni cosa e persona che vuole farci rimanere immobile a guardare la vita passarci accanto.
NOVA, I quadri di Edoardo
Non conoscevo il progetto e devo dire che mi ha saputo convincere in fretta, grazie ad atmosfere davvero ricercate e capaci di rompere la routine espressiva del venerdì di release. Un tocco estremamente dark-wave che finisce con l’implodere con calma, ma senza sosta: suoni giusti che rimandano agli anni Ottanta ma senza sembrare “parodistici” come nei tre quarti delle produzioni di oggi.
LOMBROSO, Bellafine
Bel sound punk-rock per una band che di certo ha saputo scegliere bene nome d’arte e titolo dei brani: la penna è ancora affilata come ai bei tempi, ricorda lontanamente echi di Moltheni (non proprio “uno così”) e dei primi Bluvertigo, ma in generale il sound spacca di brutto. Bentornati.
TUTTE LE COSE INUTILI, Avrai sempre un posto nel mio hard disk
Che botta di adrenalina. Un disco che racconta quello che si potrebbe raccontare in una vita: invettive d’amore e storie quotidiane che s’infiammano di uno stile incredibilmente coerente e appassionato. Cantautorato punk si definiscono e, che ci crediate o no, è la definizione più bella che possiate leggere. Crudi e diretti, ironici e sprezzanti. Non aspettatevi solo sberle in faccia, no, i punk sanno usare anche armi più taglienti e nascoste. Bravi.
PALINURUS, Temporale
Un buon singolo che mette simpatia e voglia di ri-ascoltare. C’è un retrogusto di indie italiano vecchia scuola che fa bene al cuore; storie di temporali che fanno dormire, a ritmo di distorsioni e sciattate giuste.
DJOMI, Finalmente (album)
Di lui ne avevamo già parlato qualche tempo fa: voce da vendere, e penna che sa tagliare a metà il petto e il cuore dell’ascoltatore. Un disco denso che incrocia pop, rap “old school” e funky in una fusione cantautorale che si mantiene in equilibrio fra le parti con originalità.
SAMI RIVER, Sitcom triste
Anima un po’ emo per Sami River, che mette in piedi un disco che racconta tante piccole rinascite (e rispettive “morti” simboliche) come la giusta qualità: bel timbro, chitarroni violenti che esplodono da ogni poro lasciando però spazio anche alla tenerezza di qualche ballad ben costruita.
GRETA BRAGONI, Noie (EP)
Un sound affusolato che si arrotola attorno al cuore per Greta Bragoni, che allestisce un EP sommesso ma pronto ad esplodere al primo ritornello. Dream pop al servizio di una penna che sa esprimersi.
DITONELLAPIAGA, Fossi come te
Bello slancio pop per Ditonellapiaga, che mette in campo tutta la sua sensibilità in una canzone che rotola divinamente, ritornando al mood “ballad” che le riesce sempre molto bene. Mainstream vecchia scuola.
YATM, Hotel Corallo (album)
Un viaggio che dura un disco, un film in musica che si esprime attraverso immagini sonore riuscite, evocative, e dotate di una pluralità espressiva raccolta perfettamente nel concept geniale dell’album. Rock’n’roll, con poesia.
GLI OCCHI DEGLI ALTRI, Scartaggi
Adolescenze perdute e giovinezze ritrovate si incastrano nella tracklist di “Scartaggi”, eco di un disagio generazionale che si racconta attraverso canzoni che richiamano all’indie rock americano di inizio Duemila, quello che stava tra il pop-punk e l’emo. Ve li ricordate i Delicious di un disco come “Pop Gun”? Beh, se ne avete nostalgia qui troverete pane per i vostri denti. Chitarre e corettoni. Tenete i fazzoletti a portata di mano, per asciugare sudore e lacrime.
VARANASI, Lucy
Un volo attraverso lande desolate e oscure per Varanasi, che sorvola l’intera scena nazionale superandola di slancio: “Lucy” è una cicatrice che luccica in mezzo al petto. Con echi di dark-wave mica male, e una buona dose di distopia che è purtroppo più che reale.
ELIACHESUONA, Te e lei
Una ballata semplici che rotola bene grazie ad una ritmica giusta creata ed evocata da una voce che rimbalza bene su una base piena di groove, arricchita da un certo piglio soul.
MARTINA ZOPPI, Questa sera
New Soul per una vocalità più che buona che si muove davvero bene su una produzione un po’ funky che rende il tutto ancora più scanzonato, ma senza perdere eleganza.
ROBERTO QUASSOLO, Back to the real
Chitarre acustiche che contrappuntano movimenti interiori e melodie strumentali un po’ alla Dire Straits, mentre il cantato rimanda al rock AOR anni Ottanta, ma in una versione più intima che dà al tutto un sound godibile.
GUASTO, Amsterdam
Uno slancio un po’ new wave per Guasto, che intelaia un’ottima hit su una produzione ben congegnata, con il giusto tasso di originalità dal piglio a tratti dalliano.