DangTungDuong, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

A Kid Francescoli bisogna riconoscere la sapiente abilità di far sembrare la sua musica semplice, diretta.

Questo può essere un difficile esercizio stilistico ma, il DJ/producer/crooner marsigliese, riesce nel complicato intento di semplificare i diversi generi, contaminare i suoi lavori, inserire e accarezzare tutte le culture, senza mai cadere in pomposità autoreferenziali.

Ne abbiamo avuto la riprova a Milano, durante la sua unica tappa nella nostra nazione.

Il risultato è la creazione di uno show perfettamente dosato, un’ora e venti di pure e fresche vibes. Tempo che è passato veloce, gestito magistralmente da una scaletta senza cali di intensità.

La formazione con cui si presenta alla Santeria è un trio che garantisce ecletticità in ogni brano:

Kid Francescoli, in veste di padrone di casa, si posiziona al centro, gira tra tastiere/synth, si muove e incita la folla, canta e sembra a suo agio, divertito dal pubblico italiano. Ai suoi lati troviamo Andrea Durand voce/basso/tastiere e Raphaël Léger alle pelli. 

La prima è  la voce che impreziosisce il live, la quota raffinata pop,  Raphael Leger invece certifica un sound più granitico e riesce a dare profondità e rilevanza ai drop.

Questo tour deriva dal suo ultimo album “Sunset Blue”, uscito quest’anno, anche se in scaletta ci saranno brani provenienti da tutti i suoi lavori.

Il mio obiettivo è che le persone creino delle immagini nella loro testa, con la mia musica.

Questa ammissione di Kid Francescoli diventa facilmente il manifesto del suo concerto.

Le sue canzoni oscillano imprevedibilmente ed hanno il pregio di far viaggiare i fan, che ascoltano con occhi chiusi e faccia sognante.

Il suo famoso french touch Rivera crea lo scheletro della scaletta e viene ben rappresentato da brani come “Blow Up”, dove il groove domina la scena. Ci sono momenti invece più elettronici, puri da club, “Nopalitos” ad esempio è un’immersione deep.

Tra i brani dell’ultimo album mi sembra doveroso citare “Run Run”, una canzonetta pop senza troppe pretese ma con ritornello con doppia voce molto catchy (nel senso positivo del termine). Doveroso perché mostra al pubblico l’ennesimo lato di Kid Francescoli, quello più commerciale.

Questi tre brani sono solo alcuni esempi della contaminazione di un artista con origini algerine cresciuto a Marsiglia,  che vive tra Barcellona e Roma e che vuole dimostrare tutte le carte musicali possibili, senza porsi limiti.

Ci sono alcuni brani che descrivono anche la capacità musicale del gruppo sul palco, “So Over” per esempio regala attimi di intensità con tutta la potenza totalizzante di Andrea Durand.

Quest’ultima (concorrente di The Voice France 2017), si prende la scena, pezzo dopo pezzo, dimostrando una bravura fastidiosamente elevata in tutto quello che propone. Si trasforma da bassista a corista, da tastierista a perfetta performer proprio in “So Over”.

In questo pezzo canta (voce piena, potente), balla, catalizza la scena e ci consegna una facile proiezione mentale di una possibile carriera solista.

Nel finale arriva poi il momento che quasi tutti aspettavano: l’inevitabile “Moon”. 

“Moon” è una hit. Moon” è la hit. E’ il pezzo che tutti i DJ vorrebbero avere. E’ la hit che bastano 4 secondi per riconoscerla, quella che la senti e dici “l’ho già sentita, questa mi piace!”, quella che trovi costantemente nei reel con il tramonto.

Quando parte “Moon” il pubblico inizia a saltare, il coro supera la voce dei cantanti stessi e crea un inno travolgente che distrugge gli schemi classici. I tre sul palco si muovono divertiti e seguono il flow improvvisando, ballando e incitando la folla, proponendo la canzone in loop.

“Moon” ha l’intensità, il romanticismo mistico di un brano introverso e l’esplosione con drop che la colloca come perfetta conclusione.

Vabbè dai se Marra è 9, lui a un 7 ci arriva.

Questo è stato un commento (non mio, sottolineo) di un giovane venticinquenne, in coda per uscire dalla Santeria. 

Mentre mi interrogavo sul paragone di genere (e sull’utilizzo di Marracash come benchmark assoluto), mi si palesava dinanzi una platea di gente piuttosto variegata. Coppie over 35, giovani ragazzini, gruppi di amici ubriachi, tutti entusiasti, molto coinvolti, ma soprattutto divertiti.

Ecco questa è la vera forza di Kid Francescoli: puntare su un divertimento trasversale.

Quest’anno ho avuto la fortuna di vedere dei live più o meno simili: Bonobo, Caribou e L’Imperatrice. Tutti con un impronta elettronica/groovy suonata live. Bonobo ha un sound più intenso, romantico, anche lui con voce femminile e gruppo di 5 persone; Caribou riporta una dance suonata a dovere, accompagnato da un gruppo di 4 persone che volano su virtuosismi elettronici potenti; L’imperatrice invece ripropone lo stesso imprinting danzereccio ma manca la parte elettronica spiccata.

Kid Francescoli non avrà l’intensità di Bonobo o i virtuosismi di Caribou o il French Touch de L’Imperatrice, ma riesce ad avere un suono che non stanca, con una resa scenica credibile che accontenta tutti.

Riesce quindi a raggiungere più generi, più età, più fan variegati, senza che nessuno alla fine sia pentito della scelta di dedicargli un perfetto Venerdì, in una sera di ottobre a Milano.