Secondo capitolo per i Black Pumas. “Chronicles Of A Diamond”, succede a quel capolavoro che era stato l’omonimo disco d’esordio dei “puma neri” (ben s e t t e nomination ai Grammy). Eric Burton e Adrian Quesada – coadiuvati in fase di produzione da Shawn Everett (Alabama Shakes, The War On Drugs) – hanno confezionato dieci brani dal retrogusto psichedelico che confermano ancora una volta il talento cristallino del duo americano.
“Chronicles Of A Diamond” è un disco in cui tutto gira alla perfezione. Ogni suono, ogni dettaglio, ogni più piccolo particolare, sembrano essere stati studiati apposta (ma con genuinità) per trasportare l’ascoltatore nell’universo Black Pumas. Dalla solarità soul-rock di “Ice Cream” all’incisivo giro di piano di “Mrs Postman”. “More Than A Love Song”, invece, oltre ad essere stato il primo singolo estratto dall’album, rappresenta una delle canzoni più personali del lotto. “La vita è più di una canzone d’amore“, era la frase che Eric Burton si vedeva ripetere spesso da suo zio Steve. O, almeno, è quanto dichiarato dallo stesso Burton in alcune interviste rilasciate in giro per il mondo.
“Chronicles Of A Diamond” è un party Anni Settanta a cui ci si presenta con un look ispirato ai primi Anni Duemila. Prendete la solennità della traccia finale, “Rock And Roll”. Si tratta, infatti, di uno di quei pezzi di difficile catalogazione, poiché ben oltre i confini del suono e del tempo. Ed il mantra che fa da titolo al brano, ripetuto in maniera quasi ossessiva durante il ritornello, assomiglia più ad una preghiera pagana che ad un refrain pop. Va da sé, che quella dei Black Pumas è musica (solo) apparentemente accessibile, ma pregna di vibes too classy. “Tomorrow”, per esempio, è un concentrato di eleganza difficile da constatare in altri lidi della scena musicale internazionale. Anche quando si ricordano delle loro origini texane, come nel caso del bel folk-soul di “Angel”, i Black Pumas risultano dannatamente credibili.
Sono musicisti veri, Burton e Quesada. E si sente. Nota dopo nota, ascolto dopo ascolto, “Chronicles Of A Diamond” si mostra in tutta la sua disarmante bellezza. Già, perché il disco del ritorno del duo statunitense, è un diamante prezioso, un’opera fosforescente, di quelle che sono destinate a durare nella tavolozza multicolor del tempo. Per nulla paragonabile ai lavori “usa e getta” che troppo spesso inquinano il mainstream musicale. Giù il cappello, dunque, per due musicisti che, al loro secondo giro di giostra, hanno saputo reinventarsi senza perdere il focus primordiale dell’album d’esordio. Bentornati, Black Pumas. Vi stavamo aspettando.