Era il 2012 quando Clementine Creevy scriveva canzoni nella sua cameretta sotto il moniker Clembutt prima di iniziare la sua avventura con la band che prese il nome dal reporter di NPR Chery Glaser.
A distanza di di tre anni abbondanti da “Stuffed and Ready” la band di Los Angeles ci offre (via Secretly Canadian) il quarto album “I Don’t Want You Anymore”, co-prodotto insieme a Yves Rothman (Yves Tumor, Blondshell, Amaarae).
Definita “The Millenuim Punk Feminist Icon” dalla rivista Vice Magazine, la Creevy ha una vitalità non comune che le consente di svolgere attività parallele a quelle di frontwoman della band, dal ruolo di modella a quello di attrice.
Clementine ha definito “I Don’t Want You Anymore” come l’album della maturità.
La songwriter di Los Angeles traduce in versi gli ultimi periodi della sua vita dove ha potuto osservarsi e raggiungere una sorte di pace con se stessa.
L’album contiene brani dal forte ritmo danzereccio dove il sintetizzatore sostituisce in pieno le chitarre (“Wild Times” con la sua spregiudicata cadenza disco-music) o addirittura la tromba di Jonny Chais in “Golden” e in “Eat You Like a Pill”.
Ma è in brani come “Soft Like A Flower” che le chitarre tornano protagoniste e la Creevy ci seduce con la sua sensibilità, le melodie esuberanti e la drammaticità dei testi.
La risata isterica nel finale di “Sugar” sottolinea la forza del testo, ammissione di sottomissione in perfetto stile grunge che si riscontra anche in “Touched You With My Chaos”.
L’apertura del disco spetta alla vellutata “Addicted To Your Love”: intensa e introspettiva, geniale nella semplicità dell’esecuzione e dalla breve durata che non ne pregiudica la profondità.
La bisbigliata “Bad Habit” è invece ricca di suoni arrangiati splendidamente che si amalgamano in una cascata armoniosa ed emozionante nel chorus.
Il ritmo sensuale dei versi di “Ready For You” si alterna alle cadenze esuberanti del ritornello gentilmente appesantito da una geniale sinfonia di produzione.
Nel brano conclusivo, quello che dà il titolo all’album, possiamo notare e apprezzare il lavoro di Sami Perez, sia al basso che ai cori. Il brano ci lascia pienamente soddisfatti e mentre il braccio di alluminio del giradischi ritorna alla sua posizione di riposo, nasce un desiderio facile da esaudire: girare il disco e ripartire dall’inizio.