Nemmeno il tempo di metabolizzare l’abbuffata progressive del precedente album, “PetroDragonic Apocalypse”, che subito i King Gizzard & The Lizard Wizard si ripresentano al gran ballo delle nuove uscite con la loro ultima fatica, “The Silver Cord”. Non c’è da sorprendersi. La fama della band australiana in quanto a prolificità e pubblicazioni a gogo, infatti, è seconda solamente a quella del suo mood vintage e psichedelico. Mood che in questo “The Silver Cord” viene messo completamente da parte in virtù di un (nuovo) esperimento sonoro che si affaccia – udite, udite – dalle parti della techno e della dance.
Sette brani che vengono raddoppiati dalla loro versione estesa. Uno di questi, “Theia – Extended Mix”, dura quasi ventuno minuti. Un’enormità ai tempi di Spotify e degli ascolti “veloci”. Quel che ne esce fuori, è il solito disco dei Gizzard. Il territorio musicale in cui si sono avventurati Stu Mackenzie e soci, in verità, non appare così inedito. Chi conosce bene la storia dei King Gizzard e del loro percorso, noterà alcune affinità con il loro album post-pandemico, “Butterfly 3000″.
Ad ogni modo, i brani che compongono la tracklist di “The Silver Cord”, più che un mero divertissement, denotano, per l’ennesima volta, l’amore e la passione dei sei componenti della band per tutto ciò che ruota intorno all’universo delle sette note. “Set”, terzo brano della tracklist, per esempio, mette in mostra una certa attitudine simil industrial molto vicina ai primi dischi dei Nine Inch Nails. In “Gilgamesh”, invece, i nostri si impertugiano in una sorta di dance-rap dal sapore Nineties, davvero niente male. Sono dei mattacchioni, i Gizzard e se la godono finchè possono. Come nel beat ottantiano di “Chang’e”, dove fuoriesce tutta la cultura musicale della formazione di Melbourne.
Le versioni estesi delle sette canzoni che compongono la prima parte dell’album, rappresentano la facciata più completa di un lavoro che vuole strizzare l’occhio pure a certi “esperimenti” del Moroder Anni Settanta. Quelli a cui prestava la voce un’altra icona della musica mondiale, la mai troppo celebrata, Donna Summer. E alla fine, citando un (vecchio) refrain di Antonio Lubrano, la domanda sorge spontanea: come definire la nuova opera dei King Gizzard & The Lizard Wizard?
“The Silver Cord” è un buon album, decisamente ben suonato e prodotto, ma che non raggiunge i (grandissimi) livelli dei suoi predecessori. Pubblicare nuovi dischi ad un ritmo (quasi) ossessivo, alla lunga, può far incappare l’ascoltatore medio in una sorta di monotonia pregiudiziale che mal si sposa con l’intento principale dei sei musicisti austaliani, ovvero, quello di stupire e spiazzare ad ogni nuovo giro di giostra. Questa volta, però, l’effetto sorpresa è riuscito solo in parte. Forse perché i chitarroni di “Gila Monster” sono ancora lì, a riecheggiare nella mente (e nelle orecchie) degli estimatori dei Gizzard.