Collettivo australiano di pazzi scatenati, che riversano questa sana follia sonora, piena zeppa di dettagli, nelle loro canzoni, ricche, ricchissime di arrangiamenti, dove la fantasia gioca un ruolo da prima della classe.
Vengono da Perth, sono in giro già da diversi anni, dal 2014 esattamente e questo è il sesto lavoro in nove stagioni di carriera, non siamo certo nel campionato dei connazionali King Gizzard & The Lizzard Wizard, che non hanno rivali per prolificità, però il materiale non manca.
King Gizzard, per altro citati, insieme ai Tame Impala come influenza, quasi a formare idealmente una scena australiana, che si sta prendendo spazi sempre più.
“Fronzoli” è un bel sentire, e per chi mastica intrecci sonori quasi barocchiani di concetto, qui va sul velluto. C’è anche una ficcante scrittura di fondo, è un enorme e consapevole minestrone, dove c’è davvero dentro di tutto, rasoiate elettriche, ballate, pop, indie, hard rock, assoloni di chitarra, distorsioni fuzz, variopinti paesaggi sonici e come si dice, chi più ne ha..
Dall’iniziale “Nootmare (K.I.L.L.I.N.G) Meow” con un intro quasi prog ed incedere alla Arctic Monkeys dei tempi grunge, complice un tono della voce molto riconducibile a quella dello stesso Turner, “Cpt. Gravity Mouse Welcome”, invece, regala un brano lento ispirato dal profumo sixties, un momento di relax all’interno di una tracklist movimentata e rumorosa.
Si torna dalle parti di un punk moderno, contaminato quasi hard rock, con “Hot! Heat! Hot! Heat!, che dal vivo immagino tirerà giù i muri, a tal proposito, passeranno anche da Milano per presentare questo nuovo disco, il prossimo aprile.
L’alternarsi tra momenti leggeri e sature, quanto acide, distorsioni caratterizzano “Sierra Nevada” per le classiche montagne russe, con un finale da set anni settanta.
“Illusions of Grandeur” invece, oltre ad essere una canzone acustica, quasi intima, viene spogliata completamente di ogni orpello, lasciata nuda, con la sola chitarra, accompagnata da una voce sporca da distorsione vintage. a dettar legge
Poi il pop stralunato di “Pillhouse (Papa Moonshine)”, indie nell’incedere e con un ritornello quasi killer, uno dei brani migliori e la conclusione affidata all’easy listening di “Mr. & Mrs Misanthrope”.
Insomma un ottimo ritorno, articolato e istintivo, ma al tempo ragionato e progettato, dove niente è lasciato al caso, molto divertente, un concentrato di mille cose in poco più di trenta minuti di musica.