Un vuoto culturale enorme quello attuale che ha ispirato il nuovo album di Renato Abate in arte Garbo, che approfondiamo in ritardo ma con gran piacere. Una lucida reazione in musica tra new wave e cantautorato, l’eleganza che caratterizza e ha caratterizzato una carriera lunga ormai quarantadue anni trova nuove strade e forme d’espressione grazie all’apporto di Roberto Colombo, Luca Urbani, Eugene e Erode / Drieu.
“Nel Vuoto” è un progetto di ampio respiro diviso in due parti o blocchi: i primi cinque brani che riflettono sul concetto di vuoto evocato nel titolo, fisico e psicologico, interiore e esteriore, gli ultimi tre sentito omaggio a Brian Eno, al David Bowie di “Low” e a tutta quella scena musicale che aveva in Berlino il suo centro focale, visione che Garbo ha contribuito a portare nel nostro paese.
Nessuna nostalgia ma un antidoto alla passività e alla rassegnazione presente in troppi sguardi, non in quello di Abate che allo smarrimento si oppone come sa. Innovatore sempre, curioso abbastanza da utilizzare l’intelligenza artificiale per il video del singolo “Come Pietre“. La sua voce è sempre riconoscibile: sobria, mai sopra le righe, concreta quando declama frasi come “e le parole erano pietre oggi vapore“.
I sintetizzatori e le tastiere sostengono arrangiamenti ricchi di pathos che nella title track diventano orchestrali, tra melodie e riflessioni sul tempo che passa, altrettanto intensa e pensierosa è “Mai Più” tra Neu! e Lou Reed mentre “Il Mondo Esplode” vira verso un rock grintoso che ricorda i Bauhaus. La poetica “Sembra” chiude la prima parte con dolcezza, pianoforte e voce.
Il clima cambia in “Coscienza”, “To Mars” e “Contatto” che vanno a formare un mini – album di tre tracce tra suoni ambient e minacciosi, armonie improvvise, lampi di luce e buio in un viaggio nello spazio temporale del Garbo di ieri e di oggi che ancora si chiede come arrivare su Marte, annullando le distanze tra pianeti. Abate resta un alieno nel mondo musicale odierno, artista indipendente e forse mai così umano.