Osservando la Terra dallo spazio vedremmo solo un mosaico di colori indistintamente connessi gli uni agli altri e vincolati dalla forza degli elementi. Per realizzare il suo secondo album Angie McMahon ha certamente dato prova di aver cambiato prospettiva nella visione di se stessa, riaprendosi alla vita dopo un periodo segnato da grandi difficoltà ed incertezze e questo percorso interiore ha avuto un naturale riflesso anche nella sua musica.
Co-prodotto insieme a Brad Cook (Bon Iver, Snail Mail, Waxahatchee, Hand Habits), “Light, Dark, Light Again” è stato registrato tra Melbourne e Durham nel North Carolina e vede una produzione più band-oriented rispetto a “Salt“, con cui Angie esordì nel 2019. Insieme a lei in studio hanno suonato numerosi collaboratori tra cui il cantautore canadese Leif Vollebekk, il batterista Matt McCaughan e Phil Cook dei Megafaun.
La prima traccia “Saturn Returning” tra delicati tocchi di pianoforte e sintetizzatori sognanti si apre con una dichiarazione d’amor proprio – I’m gonna love every inch of this body / The limbs that are writing each day of this story / I’m gonna surrender my keys to the Universe – ed é subito chiaro che se “Salt” aveva un suono più scarno e diretto, “Light, Dark, Light Again” gode di un respiro più ampio e cinematografico.
Un diverso approccio nella produzione ha determinato una netta evoluzione nel suono decisamente più sofisticato negli arrangiamenti ed Angie McMahon ora non è più solo un diamante grezzo con brani scritti da sola nella sua stanza, ma una cantautrice che si è evoluta verso una matura consapevolezza del proprio stile compositivo, abile tanto nello storytelling quanto versatile nell’espressività vocale. Le armonie suggellate da delicati tocchi di tastiera si aprono lentamente, le chitarre costruiscono muri di suono densi come onde e la splendida voce di Angie si estende con forza verso nuovi orizzonti, in un viaggio nella propria vulnerabilità tra catarsi e redenzione.
La natura è una presenza costante in “Light, Dark, Light Again”, dai suoni iniziali dell’acqua che scorre in “Saturn Returning” ai sussurri del vento tra gli alberi e cinguettii nell’outro di “Making It Through”. Tra le influenze sono evidenti i riferimenti a Florence And The Machine e The War On Drugs (in particolare si notano richiami al suono di “A Deeper Understanding”). Le ispirazioni spaziano dagli scritti dello studioso buddista tibetano Pema Chödrön alla musica di Bruce Springsteen, fino ai cicli della natura sotto gli immensi cieli australiani. Ampio l’uso del fuzz, che si sente soprattutto nelle chitarre che fanno da sfondo statico nel crescendo di “Exploding” e nell’oscura e magnetica “Mother Nature”. “Letting Go” nella sua propulsione rock ricorda molto da vicino “Free” di Florence And The Machine, altri brani degni di nota sono “I Am Already Enough” scritta insieme a Meg Duffy (Hand Habits) e “Fish” che fu tra i primi ad essere scritti per questo lavoro.
I testi esplorano i margini più oscuri del proprio mondo interiore e la totale perdita di certezze, delineando un paesaggio emozionale che oscilla tra ricordi e speranze. Non per caso il primo suono che si percepisce è un fiume che scorre e gli elementi sono il cardine intorno a cui tutto ruota, dalle stelle che esplodono – I see the stars, they’re supernoving – fino al mantra finale che intitola l’album e con cui madre natura insegna l’accettazione che ogni cosa finisce per ricominciare nuovamente.
Abbracciando la propria vulnerabilità – It’s okay, Make mistakes – come ripete in “Letting Go”, Angie McMahon ha realizzato un disco in cui analizza con lucida onestà i propri sentimenti, passando dall’accettazione di sé stessa ed esplorando tra ombre e luci cosa significa essere umani.
“Light, Dark, Light Again” affronta la paura considerandola come un portale verso qualcosa di più grande, con la certezza che dopo l’oscurità ritorna sempre la luce. Un album irradiato di positività che cresce ad ogni ascolto e concentrato sul ritorno alla vita, scritto dalle ceneri di anni costellati da enormi difficoltà e cambiamenti, con i pianeti che alla fine si allineano per donare alla sua autrice e a chi la ascolta un nuovo impulso creativo, abbracciando la natura transitoria dell’esistenza.