A ben quattro anni dall’esordio discografico (“Latte Di Soia” del 2018), Samuele Torrigiani – alias, “Postino” – ritorna sulle scene musicali con il suo nuovo album, “L’Ordine Delle Cose Da Dire”. Pubblicato via ADA Music, il capitolo secondo del romanzo sonoro realizzato dal cantautore toscano è un lavoro piuttosto introspettivo, in cui, Postino, si è messo completamente a nudo, sciorinando dei testi impregnati di vita vissuta.
Sì. Perché tra le pieghe degli otto brani che compongono la tracklist del disco in questione, non è difficile scorgere una certa urgenza narrativa. Del resto, nei cinque anni che sono intercorsi fra l’uscita di “Latte Di Soia” e “L’Ordine Delle Cose Da Dire”, il buon Samuele ha trovato pure il tempo di specializzarsi in psichiatria. Mica male per un artista che ha fatto dell’empatia una delle prerogative maggiormente riscontrabili nelle lyrics dell’album.
Brunori Sas resta ancora uno dei totem più ossequiati dal nostro (“La Deriva”), sebbene, all’interno del disco, siano parecchi i riferimenti cantautorali. “A Trent’Anni”, per esempio, è un brano piuttosto evocativo, dove gli ossimori mai banali di Postino tagliano a fette l’atmosfera malinconica del pezzo. Per chi scrive, tra l’altro, si tratta di una delle canzoni migliori del lotto. Così come la splendida, “Perchè Iniziare”, che con il suo ritornello appiccicoso continua a gironzolare nella mente di chi ascolta come un vecchio hula-hoop.
In “Per Non Morire”, invece, l’artista toscano si muove su delle coordinate alquanto moderne che si affacciano dalle parti di un sound più vicino alle opere migliori degli Ex-Otago che al cosiddetto “Itpop” di matrice Calcuttiana. Gli archi eleganti (ma non invasivi) di “Nel Buio” segnano – in maniera sfavillante – la conclusione di un disco che rappresenta una piacevolissima conferma.
È indiscutibile il talento compositivo di Postino. E “L’Ordine Delle Cose Da Dire” è uno dei dischi più interessanti di questa annata musicale. Anche se al netto di qualche “filler” di troppo che, ad ogni modo, non va a guastare l’armonia melodiosa di un progetto autorale decisamente sopraffino.
Non era facile rituffarsi nel vortice fluttuante della musica italiana. O, almeno, non dopo quasi cinque anni di assenza. Una sorta di era geologica nell’universo attuale delle sette note. Postino, però, ci è riuscito brillantemente.