10. JANE REMOVER
Census Designated
[ deadAir ]
Rimanere da soli con i propri pensieri può far paura ma a volte è tremendamente necessario, come racconta l’ultimo struggente lavoro di Jane Remover. Un po’ post rock, un po’ emo e un po’ shoegaze, ma prima di tutto uno sfogo, un flusso di coscienza che spinge a intraprendere una dolorosa conversazione con i propri pensieri e lasciarli parlare per un po’, finché non si addolciscono. Una cura per l’anima più che un album, forse.
9. CHAPPELL ROAN
The Rise and Fall of a Midwest Princess
[ Amusement Records ]
Questa è la storia di una ragazza di provincia che si trasferisce in una grande città con il sogno di diventare una popstar, alla scoperta della propria sessualità, delle proprie passioni, delle opportunità che solo una metropoli può offrire. Un album deliziosamente pop, con qualche ballad nel mezzo (come “Picture You”), molto disco e divertente. Quello che ne viene fuori è un ritratto spiritoso e colorato di una giovane donna (anzi, una promettente diva) con il mondo tra le sue mani e allo stesso tempo nessuna prospettiva per il futuro, sospesa in un tempo non ben definito tra gli anni Novanta e il 2023. Un debutto coi fiocchi, non c’è che dire.
8. SUFJAN STEVENS
Javelin
[ Asthmatic Kitty ]
La nostra recensione
Sufjan Stevens è prezioso, come artista ma in primis essere umano. Con “Javelin” il poeta fa ritorno a quell’atmosfera intimista minimal dell’indimenticabile “Carrie & Lowell” uscito ormai otto anni fa, con un approccio più maturo, a tratti stoico, ma con una rabbia e una disperazione che restano di sottofondo. “Javelin” ti spezza il cuore e neanche ci prova a rimetterlo a pezzi: ti lascia semplicemente un nodo in gola che non se ne va via mai per davvero, come un promemoria che tutto ciò che ti è caro può esserti strappato via in qualsiasi momento.
7. HOZIER
Unreal Unearth
[Columbia Records]
La nostra recensione
Sae sempre un po’ di timorosa curiosità quando nasce una nuova opera estera ispirata alla Divina Commedia, un po’ come quando Hollywood propone remake di film già ottimi nella versione originale. Fortunatamente questo non è il caso di Hozier, che invece ha preso la Commedia dantesca e l’ha resa totalmente sua in una maniera impeccabile, si è fatto peccatore e poeta, guida delle anime col cuore spezzato alla ricerca della propria identità. Meraviglioso.
6. COLAPESCE DIMARTINO
Lux Eterna Beach
[ Numero Uno/Sony Music ]
La nostra recensione
C’è chi li definisce i nostri Last Shadow Puppets, chi dice siano gli artisti italiani dell’anno, chi li vede bene solo a Sanremo. Se fate parte dell’ultima categoria è decisamente ora di dare un ascolto a questo disco e lasciarvi cambiare idea: dall’apripista “La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d’accordo” alla struggente “Neanche con Dio”, “Lux Eterna Beach” dimostra a ogni secondo di essere troppo prezioso per non essere considerato. Forse persino Kane e Turner avrebbero qualcosina da imparare dai due siciliani.
5. BOYGENIUS
The record
[ Interscope ]
La nostra recensione
Cosa succede quando tre artiste di una sensibilità ed emotività unica decidono di collaborare? Creano un disco di una sensibilità ed emotività unica, appunto. “The record” nasce da una collaborazione molto più umana che artistica forse, ed è qui che sta la sua bellezza: è un lavoro totalmente corale, ogni artista completa e anzi esalta l’altra, in un continuo di empatia, creatività e sincera gioia che quasi commuove.
4. LANA DEL REY
Did you know that there’s a tunnel Under Ocean blvd
[ Polydor ]
La nostra recensione
Non il disco migliore di Lana, ma sicuramente uno dei più interessanti, dato che pone le basi per una possibile ricerca e riscoperta dell’artista: chi è al momento miss Grant, cosa può offrire? O meglio, cosa vuole davvero offrire? C’è tanta speranza per il futuro musicale dell’artista, che sembra voglia staccarsi un attimo dalla dolce ma ripetitiva nostalgia che ha caratterizzato gli ultimi due dischi e tornare agli sperimentalismi del passato.
3. SLOWDIVE
Everything Is Alive
[ Dead Oceans ]
La nostra recensione
Tutto è vita, tutto è speranza, tutto è sogno. Il ritorno degli Slowdive dai 6 anni di stop fa sognare sognare eccome, nonché la continuazione di questa “seconda vita” della band. Certo, è molto più un ritorno a trent’anni fa che non il continuo dell’innovativo eponimo disco del 2017. È però comunque un ritorno che funziona, un immergersi totalmente nel passato piuttosto che fare un semplice copia-incolla. Gli Slowdive sono vivi eccome insomma, praticamente appena usciti dalla macchina del tempo ma vivissimi – e questa cosa la accolgo volentieri.
2. CAROLINE POLACHEK
Desire, I Want To Turn Into You
[ Sub Pop ]
La nostra recensione
Passano i mesi, un anno intero quasi, ma non ancora passa la cotta per Caroline Polachek. Non dopo questo album, soprattutto. Questo album ti travolge, ti porta via su un’isola lontana vittima di un incantesimo da cui neanche ti vuoi svegliare – anzi, ci potremmo davvero definire vittime in questo caso? Nel dubbio, mi autodefinisco orgogliosamente tale, perché “Desire, I Want To Turn Into You” è qualcosa da cui la mia mente è ancora intrigata e non poco, in un turbine di desiderio e follia.
1. MITSKI
The Land Is Inhospitable And So Are We
[ Dead Oceans ]
La nostra recensione
Oh, Mitski. L’ennesimo album sull’amore nella storia della musica e forse quello che meglio rappresenta la semplice complessità di questo sentimento, quanto possa essere totalizzante e universale, ma anche profondamente intimo e privato. È l’amore come forza, come energia che muove il mondo e si mostra in mille forme – e a volte è tutto ciò che ci resta, l’unica cosa che nessuno ci può togliere per davvero. Il modo in cui amiamo (in senso romantico e non) ci definisce come esseri umani, è la vera eredità che lasciamo al mondo quando non ci siamo più. Ancora una volta, la penna di Mitski si conferma rara quanto speciale.