Sembra che il primario intento del duo Brownstein-Tucker alle prese col secondo album da sole sia la prospettiva di dipanare la matassa del power pop che fu, di muoversi dentro un confine di rock americano AOR, radiofonoico, aperto, sonoramente catchy e melodico, come se fosse una piattaforma ideale dove continuare la carriera per uno dei più solidi nomi di girl band tuttora in circolazione.
All’undicesima prova Sleater-Kinney affidano a John Congleton abilissimo produttore per la maggiore, il compito di vestire le loro 10 nuove canzoni, che si calano in architetture sonore molto simili alle ultime cose di St.Vincent, in una produzione piena, con strumenti spesso saturati, chitarre e batteria rimbombanti, appunto quasi rock anni 80, buono per una heavy rotation a Virgin Radio; “Litte Rope” ne esce quindi come un’onesta dimostrazione di resistenza della band americana, che continua il distacco dalla brillantezza degli esordi (“Dig me out”), che non dimostra ardore nè coraggio (“In the woods”), rimanendo nella posizione di una consistente presenza innocua ma allo stesso tempo confortante e sincera. Già parecchio per le due autrici, giunte a questo inizio 2024 dopo un periodo reciprocamente tragico, segnato dal dolore, tema a cui è dedicato l’intero album.
A volte il tiro è ancora di quelli buoni (“Small Finds”, “Needlessly wild”) con la voce di Corin senpre così piena e pressante, poi si rasenta il pop in episodi chiaramente non nelle corde (“Dress yourself”), altri un pò più convincenti (“Say like you mean it”), per un album che nelll’omogeneità possente della produzione di Singleton cerca di essere stratificato, un risultato difficile da risolvere, con dei suoni così pompati ed omologanti.
Comunque, “Little Rope” si pone come un ulteriore buon esempio di album segno dei tempi che al netto di un discreto livello e di una reputazione mica da scherzo della band, ha il merito di girare nell’etere, negli streaming e negli algoritmi, nel preciso intento di incontrare oltre ai vecchi fans, dei seguaci figli dell’appiattimento del gusto, che possono abbeverarsi con godimento di questa musica, che fa così rock’n’roll adesso, si sentono gran chitarre, batteria massiccia e le ragazze urlano, in un target indifferenziato che si sta allargando sempre di più, figlio di ascolti non approfonditi e di molto altro ancora, ma va bene così.
Io però dopo un pò metto su “In the woods” e mi apro una birra.