Pochissime parole per introdurre questi veterani: i Telescopes sono una storica band della scena rock psichedelica, attiva dal 1987 e capitanata dal carismatico Stephen Lawrie. Il loro sedicesimo album, “Growing Eyes Becoming String”, è un’opera assai poco convenzionale, frutto di un lungo e tortuoso processo creativo.

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Queste sette tracce, infatti, hanno poco o nulla di nuovo. Sono state registrate nel lontano 2013 in due sessioni diverse, una a Berlino e l’altra a Leeds, con la collaborazione degli One Unique Signal, un collettivo britannico di musica sperimentale. Le canzoni erano rimaste sepolte in un hard disk rotto, fino a quando Lawrie non è riuscito a recuperarle e a terminarle. Nelle parole dei Telescopes, trattasi di un piccolo tesoro perduto.

L’album ha quindi una storia affascinante, che lo avvolge in un’attraente patina di mistero. Ma la domanda è: valeva la pena di riportare alla luce queste registrazioni? La risposta non è semplice, perché “Growing Eyes Becoming String” può risultare spiazzante. Non siamo più abituati a opere del genere che, per essere assimilate a dovere, richiedono un ascolto attento e paziente. Molto paziente.

È un album dalla chiara impronta sperimentale, frutto di improvvisazioni e lunghe jam session dal fortissimo sapore lisergico/elettrico. È un viaggio nei meandri della psichedelia più acida, cupa e ipnotica che non fa sconti all’ascoltatore. Le chitarre sono distorte, abrasive, rumorose; le voci sono soffocate, sussurrate, filtrate; i ritmi sono ossessivi e ipnotici. Il tutto crea un’ avvolgente atmosfera notturna e fumosa.

Tuttavia, non si può negare che l’album soffra di alcuni difetti. Alcune canzoni sono troppo lunghe, ripetitive e monotone, e scorrono via senza catturare l’attenzione. Difficile individuare i confini che separano una traccia dall’altra. La personalità di Stephen Lawrie è sempre in primo piano, ma il disco manca di quel tocco di genio che in passato ha contraddistinto i migliori lavori dei Telescopes.

In conclusione, “Growing Eyes Becoming String” è un album difficile ma apprezzabile, che sicuramente piacerà agli amanti del rock psichedelico più estremo e radicale. Un’opera maledetta, considerando la sua particolarissima storia, ma non indimenticabile. Non aspettatevi il capolavoro perduto dei Telescopes: armatevi di pazienza e lasciatevi trasportare in mondi psichedelici suggestivi (ma non troppo).