Degli anni d’oro dei CCCP non conservo ricordo. Quando si sciolsero avevo 12 anni e in un piccolo paese dell’Abruzzo il massimo dell’esotico era Madonna o i Pet Shop Boys. Il primo ricordo che ho di Lindo Ferretti è il numero uno nella classifica degli album nel 1997, con “Tabula Rasa Elettrificata”, davanti a “Be Here Now” degli Oasis, all’epoca miei idoli incontrastati. Ma stasera non si poteva proprio mancare. E quindi eccoci qua. Apertura porte alle 19, noi arriviamo alle 19.30 e c’è una fila incredibile modello snake sul nokia 3210 (è serata revival o no?). Ci mettiamo in coda che scorre all’inizio piuttosto lenta e poi più veloce. Due gag con i connazionali davanti e dietro (è la fila per Marco Mengoni? Ma inizieranno puntuali? Sì, Lindo poi deve dire le preghiere) e piano piano ci avviciniamo all’ingresso. Intanto un signore tedesco (probabilmente l’unico nel raggio di 100 metri) prova il vecchio numero del bagarino. Con un cartello giallo plastificato va avanti e indietro. “Suche Karten” c’è scritto. Cerco biglietto. Non lo troverà.
Alle 20.05 siamo dentro. Scavalchiamo centinaia di persone in fila al guardaroba e al bar e conquistiamo due buoni posti. Laterali ma abbastanza vicini. Purtroppo questa, che era la data unica originale, è divenuta la seconda delle tre e la curiosità mi ha bruciato lo stupore (so già la scaletta). In apertura la registrazione dell’inno della DDR (Auferstanden aus ruinen). Poi subito un pezzo da 90. “Depressione caspica”. Spero di non rimanere deluso dalla voce di Lindo. E fortunatamente non avviene. Voce piena e potente. Su Massimo Zamboni invece non possono esserci dubbi. “No, non ora, non qui, no, non ora, non qui” tutti in coro. Emozione pura. Applausi a scena aperta.
“Morire” con uno slogan terribilmente attuale (“produci consuma crepa“). Che trasporto in quei “Crepa” ha Lindo. La mazurka padana di “Oh battagliero” invece rasserena la sala che danza come in balera. “Stati di agitazione” prima di “Libera me Domine” con Annarella, sempre stupenda, nei panni di una suora. Ecco per Annarella Giudici gli anni sembrano veramente non essere passati. Clamorosa. Meno in forma l’artista del popolo Fatur, appesantito ma comunque surreale. Si riacquista ritmo prima con “Per me lo so” e poi con “Tu menti”. Mi gioco l’unica registrazione video su “Curami”. Quando la sparuta minoranza degli “abbassate i cellulari” ha capito di aver perso. Figuriamoci se uno arriva fino a Berlino e non porta a casa almeno un ricordo.
E poi eccolo là. Andrea Scanzi. Non pago dei fischi di ieri sera si becca la sua dose di vaffanculi pure stasera. Per dire due sciocchezze di presentazione di “Emilia Paranoica”. Dice che non è stata capita. E vuole spiegarcela lui. Vabbè. Purtroppo l’ascolto mi viene rovinato da un romano con una voce penetrante tipo le vecchine che riempivano la chiesa intonando “tu sei la mia vita, altro io non ho“. Mi dedico così alle foto di Annarella col bandierone del PCI. Poi il punk arriva a Beirut, Smirne, Ankara (“Punk Islam”) ma di Gheddafi profeta non c’è più traccia e anche in “Radio Kabul” c’è un nuovo finale “all’erta sto come un russo nel Donbass, come un armeno del Nagorno- Karabakh” mentre Annarella si presenta col burka.
La cover di “Bang Bang” serve solo come intro di “Spara Jurij”. E scatta un bel pogo. Dal quale mi tiro fuori volentieri. Anche perché il pubblico non è affatto agée (e quindi timoroso di finire in ortopedia). Siamo alle battute finale. “Annarella” è poesia. Poi la martellante “Allarme” e una cover dei Daf (“Kebabtraume”) prima di una meritata pausa. Ne approfittiamo per due coretti. Uno per Scanzi e un Cicciccippì in dededeer. Poi rientrano tutti tra gli applausi e Lindo spiega che la mattina non aveva più voce e che era conscio che avrebbe dovuto inventarsi qualcosa per tutta la gente che era partita da lontano. Annarella legge tutti i partecipanti alla festa e, siccome siamo felici, battiamo le mani anche al nome di Scanzi. Poi “Amandoti” con Lindo che si affida anche al pubblico perché la voce sta per andare via di nuovo.
E’ finita. Lindo è commosso. E profondamente grato per la serata. Noi uguale. E per assaporare ancora le emozioni facciamo il giro lungo. Passando davanti al muro, canticchiando i CCCP in DDR.