Un mondo a tinte forti quello dipinto da Alynda Segarra che con il progetto Hurray For The Riff Raff ha sempre cercato di far convivere molteplici identità, quella di donna cresciuta negli Stati Uniti da famiglia portoricana innanzi tutto e le mille contraddizioni ben messe in luce in dischi come “The Navigator” ad esempio che hanno sempre affascinato una musicista che da tempo ormai vive a New Orleans.
“The Past Is Still Alive” torna sul tema dei ricordi, delle radici, del passato che non passa mai veramente ma accompagna per tutta la vita. Produce ancora una volta Brad Cook, già al fianco di Segarra nel precedente “Life On Earth“, in undici brani malinconici e tenaci dove convivono abilmente indie rock, country e folk, la fragilità di “Hourglass” e il ritmo di “Dynamo”, le love story di “Vetiver”, il Bronx e il Lower East Side, “Ogalalla” Nebraska e i bookstore di San Francisco .
La morte del padre di Alynda, Jose Segarra sua la voce nella toccante “Kiko Forever”, avvenuta solo un mese prima dell’inizio delle registrazioni ha segnato in modo indelebile il corso di un album che vede Segarra circondata da amici e collaboratori come mai prima: Conor Oberst dei Bright Eyes in “The World Is Dangerous”, Anjimile, Libby Rodenbough, S.G. Goodman, Matt Douglas, Meg Duffy, Mike Mogis, Phil Cook e Yan Westerlund si alternanoa sostenere e dar man forte in un momento difficile.
Hurray For The Riff Raff diventa un vero e proprio collettivo allargato dunque, capace di regalare emozioni raccontando storie di vita vissuta, disperate fughe adolescenziali e epici viaggi on the road, immagini che si rincorrono in “Alibi”, “Buffalo”, “Snake Plant (The Past Is Still Alive)”, “Hawkmoon” dedicata a Miss Jonathan prima donna trans incontrata e “Colossus Of Roads” a ricordo delle vittime della sparatoria al Club Q a Colorado Springs nel 2022.
Percorrere chilometri a passo lento saltando sui treni merci come Alynda ha fatto da ragazzina, sopravvivere, lasciarsi tutto alle spalle, la strada e ancora la strada che sembra non finire mai in quello che è indubbiamente il disco più americano per stile, concezione, indole tra quelli realizzati da Segarra e non solo per la posa e il cappello da cowgirl in copertina. Trentasei minuti con Bob Dylan e Woody Guthrie come numi tutelari in un album corale e onesto.