Con “Infants Under The Bulb”, gli Uranium Club si riaffacciano sul panorama musicale a distanza di sei anni dal loro precedente lavoro, l’acclamato “The Cosmo Cleaners”. Il disco si presenta come un viaggio nel post-punk americano più crudo, selvaggio ed energico, con sonorità schizzate che rimandano a grandi del passato come Devo e Minutemen, ma con un occhio sempre rivolto alla contemporaneità, come ben dimostrano certe sfumature vicine allo stile dei Viagra Boys.
La band mostra una maturità artistica notevole con composizioni che, spesso e volentieri, si avventurano nei territori torridi di un funk malato. Il tutto arricchito da sezioni di fiati ed elementi egg punk, western e simil-jazz che si insinuano tra le pieghe del sound. Queste peculiari scelte conferiscono alle canzoni un dinamismo particolare, rendendole capaci di coinvolgere rapidamente l’ascoltatore.
L’approccio degli Uranium Club è diretto, viscerale ma anche estremamente intelligente; si percepisce una certa asprezza nelle loro melodie, che tuttavia non scade mai in eccessi autoindulgenti. Le chitarre elettriche, con il loro suono secco e ruvido, sono la colonna portante di un garage rock pazzoide, articolato ma senza fronzoli. Il gruppo sa sfruttare alla perfezione gli intrecci di riff per rendere la proposta musicale ancor più originale e incisiva: una fitta rete di schegge sonore che dà vita a un quadro musicale in continuo movimento e mutamento.
La band di Minneapolis evolve senza perdere la propria identità in un disco che si ascolta con grande piacere. Gli Uranium Club, seppur rimasti in silenzio per troppo tempo, confermano di essere una delle realtà più interessanti del loro genere. Un ritorno che non delude, anzi, promette ancora grandi cose per il futuro. I pezzi migliori? Personalmente consiglio “Viewers Like You”, “Abandoned By The Narrator”, “Big Guitar Jackoff In The Sky” e la strumentale “Game Show”.