It-pop per palati fini ed una squintalata di tastiere sfavillanti dal chiaro retrogusto eighties: è un po’ questo il mood che si respira all’interno del nuovo album de I Segreti. Poco male. Già, perché la band emiliana – giunta oramai alla sua terza fatica discografica – si conferma come una delle realtà musicali più interessanti del vecchio stivale. Poco da dire.
Sì. Perché tra le pieghe luccicanti di “Bellissimo” – mai titolo fu più veritiero – si respira un’atmosfera dannatamente retró che è allo stesso tempo, però, maledettamente moderna. Angelo Zanoletti (voce, tastiere ed autore dei testi), Emanuele Santona (basso) e Filippo Arganini (batteria), in pratica, hanno sfornato un disco che rappresenta una sorta di zucchero filato sonoro per tutti gli amanti dei cari vecchi synths e delle produzioni certosine realizzate come Dio comanda.
“Vienimi A Salvare” – di cui, su questi lidi, ci eravamo già occupati mesi or sono – oltre ad essere il primo singolo estratto dal progetto, nonché il pezzo che apre splendidamente le danze, è una di quelle canzoni che si infilano nella testa come scene epiche di una commedia Anni Ottanta. Non solo. Provando ad entrare ancor più nelle profondità del brano in questione, non si può fare a meno di evidenziare tutta la delicatezza di un testo che può essere interpretato come una sorta di preghiera verso un’entità superiore o, perché no, verso la persona amata.
Con “Adiòs”, invece, i Nostri indossano delle vesti decisamente più scanzonate e frivole, ma non per questo meno profonde. Per chi scrive si tratta di un brano che ricorda un po’ la poetica urbana di un pezzo(ne) del passato quale era “Generazione”. E cosa dire della contagiosità di “Metti Una Sera A Cena”, se non che si tratta di una delle tracce più incisive del lotto? È pura dinamite indie-pop, “Bellissimo”. Poco da dire.
Ed anche quando il ritmo rallenta, i Segreti riescono ad essere piuttosto convincenti. Del resto, è proprio questa la forza della band originaria di Parma: mescolare influenze passate e presenti, provando a dare loro una propria, originale chiave di lettura. Basti ascoltare le note delicate del piano che accompagna un pezzone in odore di “evergreen” come “La Chiave” o la melodia catchy della bella mid-tempo “Loren” per rendersi conto di trovarsi al cospetto di tre musicisti che sanno decisamente il fatto loro. Altroché.
“Bellissimo” si conclude sulle note glitterate ed al “neon” dell’immaginifica title-track. Ovvero, una sorta di inno catartico e liberatorio verso le brutture (e le bellezze, per l’appunto) della vita, con dei richiami oltremodo gustosi e variegati che si affacciano dalle parti degli Stadio di “Canzoni Alla Radio” e dei Thegiornalisti di “Fuoricampo” (non a caso il lavoro è prodotto da quel fuoriclasse di Matteo Cantaluppi). Provando a tirare un pò le somme, dunque, potremmo definire il nuovo album de I Segreti come l’opera compiuta di una formazione che ha raggiunto la sua piena maturità artistica e che all’interno di “Bellissimo” ha sciorinato tutte quelle peculiarità che la rendono uno dei nomi più interessanti – ed in rampa di lancio, aggiungeremmo noi – del panorama musicale italiano.
In una fantomatica “Serie A” delle sette note, i Segreti, attualmente, occuperebbero – senza ombra di dubbio – le prime posizioni della graduatoria.
Arte ed originalità. È tutta lì “la chiave”.