Dopo vent’anni da quell’abbozzo di idea, il duo americano garage rock chiamato The Black Keys finalmente riprende in mano il progetto tanto voluto ma mai realizzato. “Ohio Players” è il loro ritorno agli anni ’90, a fianco di un loser come Beck.
In quasi metà dei brani risuona il sound e la figura di Beck. Ma questo disco non è solo fatto di questo. Ci sono anche altre grandi collaborazioni, il che non sorprende se si parla di Carney e Auerbach: ritroviamo amici e colleghi di vecchia data come Noel Gallagher, Dan The Automator o Greg Kurstin.
Il disco si apre con un brano che a metà è loro e a metà ha boom bap molto easy tipico di Beck di fine anni ’90. “This is Nowhere” è una traccia atipica se la vogliamo pensare proprio come quella introduttiva, ma dopo vari ascolti capisci effettivamente l’incastro che c’è stato. Ma non è la sola che vede un focus alternativo sul suono e sul genere annesso.
“Beautiful People (Stay High)” è ciò che sono stati i Primal Scream in quel decennio e, guarda caso, è sempre scritta con Beck che non vuole mollare la presa. Un remind di nuovo a quel periodo lo ritroviamo in “On The Game”, con la presenza del (secondo) re del Brit Pop Noel Gallagher che ovviamente, con la sua chitarra, fa diventare questo pezzo proprio figlio della sua discografia. Piccola parentesi: interessante il videoclip della canzone, con il nostro lonely boy che è solo nella sua magione da re e non sa cosa fare di tutto quel tempo inutilizzato da quando ha fatto la collab. proprio col duo; il remind, più visivo che narrativo, ci fa tanto pensare ad un altro videoclip di un altro fratello Gallagher (a voi la scoperta).
Sembra strano dirlo, ma queste 14 canzoni sono quelle più messe a fuoco dalla band. Non è un caso che siano tornati così indietro per l’ispirazione, richiamando appunto personalità del tempo. Questo disco incarna tutto quello che i Black Keys avrebbero dovuto fare prima, quando Beck era in auge e quando questo trip di generi funzionava.
La presenza di tanti ospiti, da quelli citati fino a Juicy J in “Paper Crown”, non è sinonimo di poco contenuto. Anzi in questo disco il duo è veramente carico, forse più in forma che mai. E il bello è che la costruzione di tutto questo progetto non faccia sembrare il suono anacronistico, ma invece più contemporaneo e attuale che mai.