“Bad Girls” rappresenta l’epopea patinata di LaDonna Adrian Gaines, alias Donna Summer, una delle star più apprezzate (ed allo stesso tempo sottovalutate) della musica mondiale. Poco da dire. Già. Perché all’interno del disco in questione – che oggi compie 45 anni – è difficile non riuscire a scorgere tutte quelle sfumature glitterate che hanno reso l’opera – probabilmente più famosa della singer statunitense – uno degli album (disco-music) più celebrati di sempre. E non solo per la presenza di pezzoni quali “Hot Stuff” o la stessa title-track.
Va da sé, naturalmente, che la cara vecchia Donna sia stata un po’ l’antesignana di tutte quelle pop-star arrivate sulla scena nel corso dei decenni successivi. O pensate davvero che un (ottimo) album come “Renaissance” di Beyoncé avrebbe visto ugualmente la luce? Ciò detto, “Bad Girls” è una scorpacciata di suoni elettrizzanti e di atmosfere dorate che hanno caratterizzato non solo il lavoro della cantante originaria di Boston, ma dell’intero ultimo lustro degli anni Settanta. Altroché.
“Bad Girls”, in pratica, era allo stesso tempo una sintesi della disco (intesa non solamente come genere musicale, ma come vera e propria arteria della cosiddetta cultura pop) e un’indicazione per un futuro sempre più a tinte elettro-pop. Con tracce – ma sarebbe più corretto definirle singoloni – che si susseguivano senza soluzione di continuità l’uno nell’altra (le già citate “Hot Stuff” e “Bad Girls”, per esempio, una combo dannatamente dinamitarda con cui aprire l’album), si trattava di musica da club ma con un cuore pop. Non solo. Le linee di chitarra rock-esplosive di “Hot Stuff” eseguite da quel mago delle jam-session e membro dei Doobie Brothers/Steely, Dan Jeff “Skunk” Baxter, hanno contribuito a rendere ancor più iconico il pezzo in questione.
Ovviamente, non si può scrivere di Donna Summer e, soprattutto, di “Bad Girls” (titolo, quest’ultimo, che faceva un po’ il verso a “Some Girls” degli Stones), senza chiamare in causa il genio e la visionarietà di un Artista come Giorgio Moroder. Uno che, in pratica, ha inventato un nuovo modo di fare musica. L’incontro fra la Summer ed il Giorgione nazionale – fatte le dovute proporzioni – potrebbe essere quasi paragonato al sodalizio intrapreso dal re del pop, Michael Jackson (che proprio nel ’79 se ne usciva con uno dei suoi capolavori, “Off The Wall”), con quella vecchia volpe (nonché totem indiscusso) che risponde al nome di Quincy Jones.
In definitiva, ho sempre trovato alquanto difficile etichettare l’Arte ed il lascito musicale di una cantante come Donna Summer. Ritornando a bomba – ovvero alle premesse iniziali – appare maledettamente limitante incapsulare grandi brani come “Walk Away” o “Lucky” in un mero contenitore da sette note usa e getta. Donna Summer voleva solo divertirsi e far divertire. E con “Bad Girls” è riuscita a farlo su scala mondiale. A suo modo, infatti, il settimo album in studio della cantante americana, non solo ha segnato un’epoca ed un decennio, ma ha anche gettato le basi per quelli successivi.
Gli anni Ottanta e la disco – anche quella moderna – devono tanto, tantissimo a “Bad Girls”. E negli occhi malinconici della Summer raffigurata sulla copertina del disco, forse vi erano già le avvisaglie del declino che avrebbe atteso l’artista di Boston da lì a qualche anno. Quella, però, è un’altra storia.
Pubblicazione: 25 aprile 1979
Durata: 71:28
Dischi: 1
Tracce: 15
Genere: disco, pop, R&B, rock, hi-NRG
Etichetta: Casablanca
Producer: Giorgio Moroder, Pete Bellotte
Tracklist:
- Hot Stuff
- Bad Girls
- Love Will Always Find You
- Walk Away
- Dim All The Lights
- Journey To The Center Of Your Heart
- One Night In A Lifetime
- Cant’Get To Sleep At Night
- On My Honor
- There Will Always Be A You
- All Trough The Night
- My Baby Understands
- Our Love
- Lucky
- Sunset People