Soppiantata in radio dalle star americane, l’Inghilterra degli anni ’90 auspicava una rinascita musicale nel nome dei gloriosi anni della swinging London. Pulp, Suede e Oasis si contendevano la scena britannica, lasciando nell’ombra un gruppo minore, i Blur. Allora il Britpop propriamente detto non esisteva ancora ma furono proprio loro, Damon Albarn, Graham Coxon, Alex James, Dave Rowntree, a definirlo, nel 1994 con “Parklife”.
Pubblicato a poche settimane dalla la morte di Kurt Cobain, il disco non osava nemmeno sfondare le classifiche. Ironia della sorte, le scalò tutte raggiungendo il primo posto nella UK Albums Chart.
Dopo il fiasco del disco precedente (“Modern Life Is Rubbish”), le aspettative erano piuttosto basse per cui il gruppo si sentì libero di sperimentare senza inibizioni: ecco che “Parklife” si offre come un limpido panorama technicolor degli anni ’90 in cui folk, disco, grunge, punk si fondono parodisticamente in una sottile satira sociale. Atteggiamento molto simile, tra l’altro, al gemello “The Mellow Gold” che Beck sfornava in terra americana.
Lo spirito di Albarn era: “Beh, se abbiamo intenzione di farlo, rendiamo nostro il concetto per cui la popolarità è accettabile se opposta a ciò che è sfigato“. Insomma, facciamo finta di essere anche noi delle popstar, fighe e sfacciate e lasciamo da parte il risentimento e la malinconia del grunge. Inconsapevolmente, aveva così trovato la formula per il successo. Questo fu inaspettato, a tratti insopportabile, e inspiegabile: che il pubblico non avesse capito lo scherzo?
Poco importa, oggi possiamo dire senza ombra di dubbio che il disco contenga alcuni dei migliori pezzi della formazione inglese. “Girls and Boys”, con il suo ritornello scioglilingua, ci immerge nella sfrenatezza sessuale degli inglesi in vacanza in Grecia e in “Parklife” l’attore Phil Daniel narra la noia delle routine e mentalità inglesi. D’altra parte, ci sono le romantiche “End of a Century” (sorella della successiva “Coffee and Tv”) e “This is a Low” che chiude struggente il disco.
Non mancano poi le prove di stile, frutto delle tendenze più intellettuali di Graham e Albarn: “To The End” s’ispira alle atmosfere della nouvelle vague e alla musica francese degli anni 60 (tant’è che in un secondo momento i Blur ne incideranno una versione con Franà§oise Hardy) e “Clover over Dover” si apre con un intro bachiano.
E ancora: una vena circense in “The Debt Collector” (onnipresente nell’ultimo lavoro di Albarn con i The Good The Bad and The Queen, “Merrieland”), il grezzo della chitarra coxoniana in “London Loves” (il cui riff sarà ripreso pressochè uguale in “Go Out” dall’ultimo album dei Blur, “The Magic Whip”) e una strizzatina d’occhio alle suggestioni elettroniche dei Pulp in “Trouble In the Message Centre”. Il tutto, con riferimenti ben precisi alla realtà inglese.
E l’orgoglio inglese c’è e, sicuramente, anche un tentativo di sfida all’America ma – ed è questo che rende il disco una pietra miliare ““ “Parklife” verge la sua attenzione sui sentimenti umani, come il grunge, ma senza l’aspetto autodistruttivo. Non si tratta di un ascolto del tutto immediato ma è la sua ambiguità a renderlo ancora oggi vivo. Se da un Jarvis Cocker o da un Liam Gallagher sapremo sempre cosa aspettarci, non avremo mai altrettante certezze con i Blur. Questo valeva già nel “’94: non ci resta che ascoltare e farci stupire, di nuovo.
Data di pubblicazione: 25 Aprile 1994
Tracce: 16
Lunghezza: 52:39
Etichetta: Food, SKB
Produttore: Stephen Stree, Stephen Hague, John Smith and Blur
Tracklist:
Girls and Boys
Tracy Jacks
End of a Century
Parklife
Bank Holiday
Badhead
The Debt Collector
Far Out
To The End
London Loves
Trouble in the Messagge Centre
Clover over Dover
Magic America
Jubilee
This Is a Low
Lot 105