Forse ci prendiamo troppo sul serio, forse diamo troppo peso alla enorme quantità di dati, di frasi e di opinioni che ci circondano; esse, infatti, sono così transitorie, così fallaci, così sfuggenti… Proprio come la nostra stessa vita, una serie di istanti, di momenti, di attimi, di pensieri che, molto spesso, non comprendiamo fino in fondo, lasciandoli sprofondare nel sonno elettro-sinfonico di “The Big City”, il brano con cui Thom Yorke apre la sua nuova colonna sonora. Ormai è acclarato lo stretto e profondo legame tra l’artista inglese ed il cinema italiano, la sua musica si espande, ingloba le singole immagini, ne amplifica il potere sensuale, mentre le atmosfere sonore cambiano, in continuazione, consistenza, inglobando elementi avanguardisti, jazzistici e psichedelici.
Le sue parole sono limpide e scorrevoli, si innestano su trame oniriche, restando in bilico sul sottile confine tra l’essere e l’apparire, tra ciò che percepiamo come vero, reale, presente e fisico e ciò che, invece, appartiene alla dimensione fluida delle emozioni; emozioni che possono rassicurarci, ma che, allo stesso tempo, possono gettarci nel più ostile, feroce e caotico degli inferni, un inferno che, a guardarlo bene, è sempre più simile, più prossimo, più coincidente con la nostra quotidianità, con le immagini di orrore, di distruzione e di morte che, in tanti luoghi del mondo, sono diventate la normalità. Una normalità che non ci sconvolge più, né ci inqueta, né ci rattrista, è questa la vera oscenità e il vero dramma dei tempi moderni; una violenza, talmente assurda, che nemmeno un film – come “Suspiria” o come il recente “Confidenza” – può riuscire a rappresentare, fino in fondo, il senso di sconforto, di svilimento, di resa o di vuoto che essa suscita.
Thom Yorke, in questo vuoto, ci mette la sua creatività e la sua musica, le sue divagazioni sperimentali, in bilico tra free-jazz e krautrock, tra anima e corpo, sensazioni ed onde acustiche che si trasmettono attraverso la materia, la oltrepassano, la superano e raggiungono il non-luogo delle nostre emozioni più private, più soggettive, più segrete, più oscure, quelle, tra le quali, spesso, senza che neppure ce ne accorgiamo, si nascondono le peggiori inclinazioni dell’animo umano, quelle che continuano a dirci che non esistono più, che appartengono al passato, alla storia del Novecento, a una visione del mondo antica e malvagia. Una visione che, però, nonostante le chiacchiere, nonostante gli slogan politici, nonostante i luoghi comuni, nonostante tutti i discorsi aventi come tema la pace, l’inclusione o la giustizia sociale, continua a fare, ogni giorno, le sue vittime innocenti.