Quello dei Whispering Sons è un nome che sicuramente non ci è nuovo, tant’è che li avevamo visti un paio d’anni fa al Magnolia. Se già in quell’occasione ci avevano convinti, stavolta abbiamo avuto la conferma definitiva: questo è un progetto che merita sicuramente più attenzione. Con l’uscita del nuovo disco “The Great Calm” e una data in Italia, non potevamo non presentarci alla resa dal vivo di questo disco – anche perché, come afferma la stessa frontwoman Fenne Kuppens, i Whispering Sons sono un gruppo più adatto a suonare sui palchi che non in studio.
Vedere la Kuppens in azione, soprattutto dopo averla intervistata, è sconvolgente. La voce si fa profonda e androgina, le mani si muovono in una gestualità tra il sensuale e il deciso, come una direttrice d’orchestra ormai esperta. Il pubblico è in visibilio, pende dalla sua potenza: uno spettacolo incredibile, la donna tranquilla e riservata di qualche ora prima non la riconosco proprio più.
Il concerto si apre con la calma prima della tempesta, un inizio cupo ma tranquillo, per creare l’atmosfera, una crescente tensione che si fa sempre più spazio nelle orecchie dei presenti.
Ed ecco che parte il tanto anticipato caos, la teatricità di Kuppens si accompagna a pezzi scatenati come “Still Standing”, “Something Good” e “The Talker” (la più amata della serata, probabilmente) eseguiti alla perfezione da una band che sì, sembra proprio nata per stare su un palco. Una carica di pathos ma senza patetismi, salti concitati del pubblico che si alternano a momenti di timida ammirazione quando lo sguardo della performer incrocia quello di un fan.
La chitarra è prepotente, la cantante pare indemoniata nel miglior senso possibile, il pubblico è scatenato, totalmente in preda al delirio – nonostante lo spazio della Palestra Visconti risulti pressappoco asfissiante, soprattutto in un contesto del genere.
Caldo insopportabile a parte il concerto scorre al meglio, raggiungendo il picco con la traccia di chiusura “Try Me Again”: un’indagine particolarmente arrabbiata sulla propria identità con lieto fine, dal vivo decisamente più intensa dell’originale (per quanto possa essere fattibile).
Senza contare l’encore, dove a far da padrone ci sono vecchi pezzi iconici come “Alone”, “Try Me Again” rappresenta la conclusione ideale per presentare un album come “The Great Calm”: alla quiete di “The Balm (After Violence)” segue una successione più o meno caotica (ma decisamente drammatica) che trova il culmine in “Try Me Again”: è implicito che la tempesta sia finita, o che si sia calmata almeno, lo dimostrano tutti gli spettatori compiaciuti del live. Sudatissimi, ma compiaciuti.
Il post-punk dei Whispering Sons travolge, tira calci e pugni fino a far sanguinare ma poi cura e lenisce ogni ferita possibile: “The Great Calm” è un album da ascoltare, sì, ma finché non si riesce a goderselo dal vivo non si ha la minima idea di cosa questo gruppo sia capace di fare. Indimenticabile.