Nuovo album per i Drahla, band di Leeds di cui più che ben vi parlammo nel giugno 2019, estate pre-pandemica che oltre alla nostra ancora ignara incolumità affidò ai nostri ben educati sensi il loro esordio “Useless Coordinates“.
Oltre al nucleo storico formato dalla cantante e chitarrista Lucien Brown, Rob Riggs (basso) e Mike Ainsley alla batteria troviamo la conferma e la collaborazione del sassofonista Chris Duffin e la chitarra aggiunta di Ewan Barr che con la produzione di Matthew Benn e Jamie Lockhart hanno portato a termine le registrazioni di “angeltape”, ben 5 anni dopo l’esordio.
La seconda ed esperta chitarra di Barr permette alla band di indagare nuove possibilità sonore con l’apporto del sax spericolato e imprevedibile di Duffin.
La voce severa e inflessibile che stravolge la definizione di melodia di Lucien, ottiene l’effetto desiderato di porci in una condizione di solenne ascolto reverenziale, quasi timoroso.
Giocano con le immagini i Drahla, nei loro video possiamo apprezzare lo stile ormai ben delineato della Brown e di Riggs. Chiodi e viti conficcati in un vecchio Commodore di “Stimulus for Living”, le visioni dell’antico Egitto di “Pyramid Estate”, il paradosso delle unghie allungate che graffiano le corde della chitarra in “Default Parody” dove la nostra Lucien, nei panni di una tenebrosa regina nera, è sovrana di un mondo oscuro e sconosciuto…
Il suono dei Drahala si può riassumere in un aggettivo: spigoloso. Esperienze e perdite dolorose hanno ancor più incupito la costruzione dei brani che se dal punto di vista musicale mantengono strutture ambigue e sperimentali, nei test la Brown è bravissima nel creare uno stato di ansietà che si nasconde nell’ombra dei numerosi dubbi che riempiono il suo/nostro vissuto.
“Quando parlo con me stessa non sto realmente parlando con me stessa” recita Lucien in “zig-zag” mentre “Default Parody” ci ricorda le nostre instabilità con quel “qualche volta cadi in te stesso/a“, verso ripreso nella lenta e per loro inusuale “Venus” a cui viene aggiunta la sentenza finale “Venere mi raggiunse come se non fossi lì“
Se “Second Rhythm” ci costringe ad alzare il volume e rischiare la denuncia per disturbo alla quiete pubblica, “A” ci convince della solidità della band: questo brano strumentale ci fa apprezzare il gran lavoro degli altri componenti della band che riescono ad amalgamare ogni spunto che prende corpo in sala prove.
Che dire quindi di “angeltape” e dei Drahla se non invitarvi ad ascoltare il disco?
Per ora vi lasciamo con i versi di “Grief In Phantasia” che chiudono l’album, lasciandoci quell’ emozione, dal sapore confuso, vaga e incoerente che i Drahla, inconsciamente o meno, amano creare.
Ciò che accade continuamente non è ciò che accade sempre
Essere, vedo
Cosa deve essere
Essere, vedo
Cosa deve essere
Essere, vedo
Cosa doveva essere