Si avvicina sempre di più l’uscita dell’attesissimo secondo disco dei King Hannah (che quest’anno prevedono di fare ben quattro date in Italia), “Big Swimmer”: un disco eccellente, come avrete modo di sentire dal 31 maggio in poi. Per l’occasione ci siamo trovati con il duo per una chiacchierata su “Big Swimmer”, ispirazioni cinematografiche e motel da incubo.
“Big Swimmer” è il vostro nuovo disco: com’è nato? Come lo descrivereste a qualcuno che non vi conosce?
Hannah: Tutto è iniziato mentre eravamo in tour in America – anche in Europa, ma l’America ha proprio impattato di più la scrittura dell’album. Siamo tornati a casa, avevamo 8 mesi per scrivere tutto quindi ci siamo seduti, ci abbiamo lavorato su e l’abbiamo fatto. Non saprei come descriverlo, è come quando qualcuno ci chiede che tipo di musica facciamo: come descriverla? Non ne abbiamo idea, ha tantissime sfumature!
Penso che la mia traccia preferita del disco sia “Somewhere Near El Paso”, è… Intensa! Voglio sapere assolutamente tutto su com’è nata.
Hannah: La canzone è su un motel in cui siamo stati in Philadelphia: è stato orribile. C’erano macchie di sangue sul muro (sicuramente non un buon segno!), anche sulle lenzuola. Il pezzo è proprio sulla nostra esperienza in quel posto: siamo andati a mangiare al Denny’s ma era chiuso, quindi abbiamo provato un distributore automatico in motel, ma era orribile pure quello. La canzone cerca di descrivere nel dettaglio le poche, pochissime cose normali che siamo riusciti a trovare in quel posto. Siamo stati lì tre giorni, poi siamo andati a El Paso – ed è lì che la canzone si apre, si risolve in quella fine gloriosa.
Craig: In realtà El Paso non è stato subito dopo Philadelphia, ma tre settimane dopo più o meno…
Hannah: Vero! La canzone poi all’inizio era ancora più lunga, un pezzo era anche su New York, anche la parte finale durava molto di più. Personalmente preferivo il finale più lungo, ma abbiamo dovuto tagliare un po’ di parti.
Craig: Per forza, solo il pezzo sarebbe durato metà album altrimenti!
C’è da dire insomma che anche da un’esperienza così tremenda siete riusciti a creare qualcosa di meraviglioso.
Hannah: Sì! Devo dire che sono contenta che siamo stati in quel motel alla fine, anche se non ci tornerei mai più, sicuramente.
Parliamo della copertina del disco invece: c’è questa donna che riemerge dall’acqua…
Hannah: L’idea è partita dal fatto che volevamo che ci fosse dell’acqua, tutto qui; penso che essere totalmente circondati dall’acqua sia piuttosto simbolico, volevamo che la copertina rappresentasse qualcosa di molto vulnerabile – e pensiamo che ci riesca alla grande.
In passato diversi film vi hanno ispirato nel processo creativo, come “Little Miss Sunshine”. C’è stato qualche film che vi ha ispirato per questo disco?
Craig; Sì! (rivolgendosi ad Hannah) Hai scritto “This Wasn’t Intentional” partendo da “Aftersun”, ad esempio.
Hannah: Sì, il testo è ispirato a quello, anche se il film non è menzionato direttamente. Poi “Milk Boy (I Love You)” è ispirato a Matthew McConaughey in “Dallas Buyers Club”.
Craig: “Scully” invece si chiama così per un personaggio di “X-Files”, perché lo stavo guardando ai tempi. Ci piace mettere questi easter egg, anche se poi ce ne scordiamo.
L’album si chiude con una traccia chiamata “John Prine On The Radio”: John Prine è stato un grande del country, come descrivereste il vostro rapporto con questo genere?
Craig: Amiamo il country, penso che la musica che amiamo abbia origine da lì per la maggior parte. Amiamo Cory Farley, tra i tanti. Sheryl Crowe, anche.
Hannah: Anche Weyes Blood è un’artista che ascoltiamo spesso ultimamente – lei si ispira molto a Joni Mitchell, e Joni Mitchell è una delle più grandi artiste country di sempre. Torna tutto lì.
Craig: Il country però viene visto in maniera più negativa, forse perché quello moderno è un po’ banale. Direi che andiamo più sul folk.
Hannah: È un po’ difficile inquadrarci in un solo genere, prendiamo tanto da tanti artisti. C’è un po’ di folk, un po’ di grunge, un po’ di tanto altro.
Com’è nata la collaborazione con Sharon Van Etten? Avevate già lavorato insieme in passato?
Hannah: Non abbiamo mai lavorato con Sharon prima d’ora, ma è sempre stata una grande fan dei nostri lavori. Eravamo in contatto da diverso tempo, aveva anche ripubblicato una nostra canzone per supportarci. Le abbiamo chiesto se volesse collaborare per una traccia, e ne è stata entusiasta! Le abbiamo mandato le demo dell’album, ha scelto le due tracce che preferiva [“Big Swimmer” e “This Wasn’t Intentional”, ndr] e ci ha mandato le sue riprese vocali e noi le abbiamo mixate in studio, era verso la fine della creazione dell’album. La amiamo e amiamo quello che ha fatto, abbiamo ottenuto davvero un buon risultato.
Qual è invece la collaborazione dei vostri sogni?
Hannah; Mi piacerebbe cantare con Joni Mitchell, assolutamente.
Craig: Non so… Paul McCartney?
Hannah: (ride) Tu non vuoi cantare con Paul McCartney!
Craig: Vero, ma sarebbe per soddisfare il me del passato! McCartney o Springsteen. Non penso che faremmo le canzoni più belle di sempre, però… Dai, nel dubbio dico anch’io Joni Mitchell.
Hannah: Ameremmo fare una canzone anche con Bill Callahan ma è proprio il top del top, staremmo tutto il tempo a guardarlo ammirando e basta! Non riesco a immaginarmelo.
Craig, prima hai menzionato “Scully”, che è un pezzo strumentale. Come capite di solito se un brano ha bisogno di un testo o se è già perfetto così?
Craig: In realtà all’inizio avevamo pensato di aggiungerci un testo, però era poca roba: sarebbe comunque stato un brano quasi del tutto strumentale. Non so di preciso, è tutto un insieme di pensieri e sensazioni. È difficile da spiegare, a volte percepisci la canzone come autonoma anche senza un testo, e va benissimo così.
Nella vostra discografia ci sono diversi pezzi con una lunghezza importante, come “Meal Deal” (7:50) o “The Moods That I Get In” (7:43). Come vi ponete in un panorama in cui gli artisti sembrano preferire pezzi sempre più corti?
Hannah: Abbiamo pensato molto a questo aspetto, ne siamo ben consapevoli.
Craig: C’è da dire che in questo album ci sono comunque delle canzoni più corte del solito, i singoli soprattutto.
Hannah: Sì, per la radio serve farne. Vogliamo finire in radio e comunque crescere, è in parte lo scopo dell’album. Non scriviamo però canzoni da radio solo per la radio, ma perché ci piacciono: non arriveremo mai a fare canzoni brevi solo per il gusto di farlo, se le persone hanno una bassa soglia dell’attenzione non è sicuramente un nostro problema.
Il titolo del vostro album precedente è: “I’m Not Sorry, I Was Just Being Me”: quale lato di voi stessi siete in questo album?
Hannah: Spero una parte vulnerabile, è quello che cerchiamo di trasmettere con la nostra musica.
Craig: Sì, un nostro lato onesto, senza mostrarci in alcun modo particolare.
Hannah: Esattamente la musica che ci piace suonare, insomma. “John Prine On The Radio” è una canzone molto bella e romantica, Craig l’ha scritta per un momento che stava attraversando. Ogni canzone è molto fedele alla realtà, rappresenta bene le nostre personalità.
Craig: Alcune sono anche divertenti, come “New York, Let’s Do Nothing”!
Ed eccoci all’ultima domanda: il 2024 si sta prospettando come un anno ricco di proposte musicali interessanti, ce n’è una che state aspettando particolarmente?
Craig: L’album di Waxahatchee!
Hannah: Ce ne sono tantissimi, non mi vengono tutti in mente perché siamo stati davvero impegnati con la creazione del disco, però direi anch’io Waxahatchee.
L’album “Big Swimmer” sarà fuori il 31 maggio via City Slang.