“Neon Pill” dei Cage The Elephant è uno di quei dischi che impressionano immediatamente chi li ascolta per il loro mood diretto e scanzonato. Il sesto album in studio di Matt Shultz e soci, infatti, si contraddistingue per una produzione un po’ più asciutta rispetto alle precedenti e per un sound che trascina la formazione americana verso lidi sonori ancora inesplorati, ma non per questo meno interessanti.

Credit: Neil Krug

Prodotto da John Hill (Foals, FKA Twigs, tra gli altri), “Neon Pill” è nato dalle sessioni che i Cage hanno effettuato al Sonic Ranch di El Paso, all’Electric Lady di New York, al Sound Emporium di Nashville, all’Echo Mountain in North Carolina e nello studio del sopraccitato Hill in quel di Los Angeles. Musicalmente, rappresenta una specie di sunto di quelli che sono stati gli anni intercorsi tra il precedente, “Social Cues” (Un grammy come “best rock album”) ed il lavoro in questione.

Brani come “Metaverse”, per esempio, rappresentano del vero e proprio oro colato per tutti coloro che apprezzano le atmosfere patinate (ed epiche) dei The Strokes, mentre “Ball And Chain” possiede una delle linee di basso più incisive della tracklist. La sensazione, ascoltando “Neon Pill”, è che si tratti di uno degli album più sinceri della (oramai corposa) discografia della band statunitense. Anche quando i Nostri decidono di schiacciare il piede sull’acceleratore (“Shy Eyes”), riescono a risultare dannatamente credibili ed oltremodo convincenti. Tuttavia, è nei pezzi maggiormente in odor di ballad che i Cage The Elephant si confermano come una band che sa decisamente il fatto suo. Altroché.

“Good Time” e (soprattutto) “Out Loud” dimostrano, infatti, quanto i fratelli Shultz siano fra i musicisti più talentuosi della cosiddetta scena alternativa mondiale. La prima, gira intorno ad un refrain che s’infila nella testa come un irresistibile jingle pubblicitario dei primi Anni Zero, mentre la seconda è permeata da una sorta di malinconia atavica che trasporta l’ascoltatore sulle rive di un indie-rock d’altri tempi. La title-track e “Rainbow” sono gli altri episodi riusciti di un album che si colloca ben oltre la sufficienza, proprio per il suo essere moderno e ben radicato nell’immaginario canonico dei Cage.

“Neon Pill”, in definitiva, rappresenta l’ottima ripartenza di una band che ha sempre conservato – anche a denti stretti – la propria cifra stilistica. Certo, un altro grammy è piuttosto improbabile, ma la qualità resta alta. I Cage The Elephant, bontà loro, hanno fatto di nuovo centro.