Arriva il terzo capitolo, dopo “Phoenix” e “Havasu“, di un concept ormai rodato: il racconto in musica della vita di David Bazan, titolare del progetto Pedro The Lion. Il periodo che va dai tredici ai ventuno anni narrato in questi undici brani è il momento del passaggio dall’adolescenza all’età adulta, l’attimo in cui il giovane David ha deciso di voler diventare musicista.
Gli anni trascorsi spostandosi da un angolo d’America all’altro, per seguire il padre che insegnava in università cristiane, gli infiniti traslochi sempre più pesanti e difficili da sopportare ricordati in “It’ll All Work Out” , l’ennesimo viaggio verso la California. “Santa Cruz” dove Bazan è il ragazzo dell’Arizona che improvvisamente scopre i Beatles, il doppio album bianco e “Revolution 9″ iniziano a cambiare il suo modo di vedere il mondo, spingendolo a mettere in dubbio ogni certezza.
Fondamentale il trasferimento a Seattle, e siamo già a “Tall Pines”, “Don’t Cry Now” e “Remembering”, città in cui David ritrova se stesso decidendo di restare fino alla fine del liceo, ospite di un amico quando i genitori scelgono di partire ancora, per poi raggiungerli insieme alla madre come raccontato nella commovente, delicata “Parting”. Decisivi sono stati soprattutto i sei mesi passati a “Modesto” quando il sogno di fare della musica lavoro e professione si è fatto più concreto, fino all’uscita del primo EP a nome Pedro The Lion.
L’indie rock resta la cifra stilistica di David Bazan (il falsetto e le chitarre di “Spend Time” lo dimostrano bene ) ma non rinuncia a sperimentare con sintetizzatori e tastiere (“It’ll All Work Out”, “Don’t Cry Now” e “Teacher’s Pet” estremi emotivi dell’album) tra vibrazioni magnetiche e le malinconiche visioni di “Only Yesterday” in cerca della serenità futura sempre con il cuore in mano.