Unica data italiana per i Turnstile all’interno del loro tour europeo, passando da Milano al Circolo Magnolia, che per l’estate meneghina diventa un punto di riferimento, con un cartellone ricchissimo a suggellare una super estate piena zeppa di appuntamenti.
Ensemble di Baltimora che capita raramente di vedere dalle nostri parti, anzi a Milano, non mi ricordo, a memoria, di un loro concerto.
Detto questo, una delle band più divertenti in circolazione, capaci di rispolverare tutta un’attitudine ninenties, mischiando sapientemente un certo approccio punk, di matrice hardcore, al crossover e quei chitarroni saturi e distorti all’inverosimile, materia che oggi sembra stralunata e che invece il collettivo capitanato da Brendan Yates ha saputo imporre o semplicemente è riuscito nell’intento di farsi accogliere anche dalle nuove generazioni, facendo un genere, che oggi sembrerebbe assolutamente un pesce fuor d’acqua, meglio così.
Sono in una bolla di “neverending tour” dato che non hanno un nuovo lavoro da promuovere, il fortunato “Glow On”, il loro terzo album, risale addirittura al 2021, sicuramente l’album più significativo, quello che ha permesso loro di fare un certo salto di popolarità.
C’è il pubblico delle grandi occasioni, nell’ottica del tutto esaurito, siamo ovviamente sul main stage, e l’onere di aprire la serata spetta ai Ditz, in Italia per un lungo tour. Loro sono una piccola rivelazione, sicuramente sulla falsariga di un canovaccio di artisti, che nascono a grappolo, parlo della scena post punk, ma che, andando oltre a quelle che possono essere delle repliche belle e buone, sta regalando soddisfazioni sincere, soprattutto in termini di qualità.
I Ditz da Brighton non fanno eccezione e recuperano i dogmi di genere; già conosciuti dai più, in quanto band supporter della data milanese degli Idles lo scorso marzo, con i quali condividono una certa somiglianza. Non badano a spese e fanno un set di quelli senza peli sulla lingua, come del resto il genere impone, sicuramente ne sentiremo parlare sempre di più e probabilmente verso i piani alti.
Tutto sulle spalle di Cal Francis, che in termini di gestione palco non ha nulla da invidiare a nessuno, carisma da vendere e frontman di assoluto livello, al pari, senza dubbio, di stimati colleghi. Manca ancora un po’ di scrittura per ritrovare gli stessi, magari headliner da qualche parte. Credo sia solo questione di tempo.
Quindi 21.50 on stage i padroni di casa, che fanno un set di un’ora tutta tirata, hanno anche brani sotto i due minuti, dove danno tutto e, come il dogma impone, rigorosamente senza bis, scelta che personalmente approvo sempre con piacere.
Un pubblico di fedelissimi, lì per divertirsi e cantare a squarciagola, o pagare selvaggiamente. Saranno, alla fine, 17 canzoni più un solo di batteria di quattro minuti cronometrati, preso in prestito dal mondo metal.
I brani cult non mancano, perché “Endless” ha quell’attitudine, con il ritornello da sing a long, ma anche “Underwater boi” recita una parte da protagonista e ti circolerà in testa fino al giorno dopo, o la stessa conclusiva “Holiday”. Il menù è ricco, attitudine da live band rodata e tutto gira come dovrebbe.
Concerto per amanti di una certa retromania, dove il nastro è stato riavvolto a qualche decade fa.