Caspio è uno dei cantautori più interessanti della scena alternativa del belpaese. L’artista triestino, nel giro di pochi mesi, ha pubblicato un paio di singoli dannatamente accattivanti (“Cinico“, “Questa Sera“), di cui ci siamo occupati nella nostra rubrica dedicata ai “Brand New”.
La sua proposta musicale spazia su più fronti sonori, senza perdere mai di vista, però, quelle che sono le coordinate che portano ad un gustosissimo indie-rock di matrice 90s ma con un inconfondibile tocco di geniale modernità. In parole povere, c’è grande sostanza nel repertorio di Caspio. E proprio per questo, noi di Indie For Bunnies, ci siamo fatti volentieri una chiacchierata con il cantautore friulano.
Ciao e bentrovato. Nei tuoi ultimi singoli – “CINICO” e “QUESTA SERA” – si respira un’atmosfera di libertà. Secondo te le canzoni rappresentano ancora una sorta di porto sicuro per permettere ad un artista di esprimersi e di esprimere la propria creatività?
La musica è e resterà sempre il mio rifugio. Tutto quello che faccio ha come scopo quello di permettermi di fare musica. E fare musica significa poter esprimere quello che penso e quello che sento con un grado di libertà che non ho nella vita quotidiana.
È innegabile l’influenza degli anni Novanta sulla tua musica. Ritieni che ci possa essere una sorta di correlazione tra quel decennio e quello attuale?
Dopo quella dei giganteschi anni 70 e 80, pieni di icone e di rivoluzioni musicali, la musica degli anni 90 sembrava nulla a confronto. È stata da molti criticata, quasi bistrattata. Invece per me è stata un punto di ripartenza, di riferimento. Oggi più di allora ci si può facilmente rendere conto che mai aveva offerto un panorama così vasto.
C’era il pop, il rock, il metal, le boy band, la dance che ancora oggi i giovanissimi mettono su alle feste. Io porto tutto con me, ma vedo che le nuove generazioni seguono a ruota.
Lungo il percorso, quali sono stati i tuoi artisti di riferimento?
Io ascolto un po’ di tutto, cose che non c’entrano tra loro, generi diversi, artisti giganti e di nicchia. Ad influenzare la mia musica sicuramente c’è stato il trip-hop, l’industrial dei Nine Inch Nails, i grandi del grunge (non solo i Nirvana), gli Smashing Pumpkins, i Deftones. Adoro i The National, tristi al punto giusto come piace a me.
Personalmente, ritengo che un brano come “Qesta Sera” possa avere più chiavi di lettura. Quella principale, però, potrebbe essere una sorta di invito, quasi filosofico e generazionale, a cogliere l’attimo fregandosene delle sovrastrutture. Sono fuori strada?
Diciamo che, a guardarsi bene intorno, il futuro che ci si prospetta non appare dei più rosei. Mettiamoci anche che non sono certamente un ottimista. “QUESTA SERA”, però, mi aiuta – e spero possa aiutare- a ricordare che, di tanto in tanto, è anche giusto prendere una boccata d’aria e lasciare che l’angoscia scivoli un po’ via. Non è menefreghismo, è più autoconservazione!
Pensi che i tempi siano maturi per la pubblicazione di un album? È tra i prossimi step?
L’album è pronto, ma è stato un lavoro che mi ha richiesto enorme energia e sudore. Voglio centellinare le uscite e godermi ogni singolo attimo. Seguiranno novità!
Il tuo è indiscutibilmente uno dei nomi più interessanti dell’indie italiano. Ritieni che la cosiddetta “scena alternativa” del belpaese svolga ancora una funzione importante – penso, per esempio, ai primi anni Duemila – o che si sia smarrita tra i meandri dell’omologazione a tutti i costi?
Beh, diciamo che io cerco di uscire un po’ dagli schemi, di non essere e fare come la maggior parte delle persone, di non seguire le regole del mercato. Ammetto di dare qualche sbirciatina ai numeri, ma suonare resta la priorità ed è tutto ciò che conta. Se questo è indie, allora conosco ancora qualcuno che resiste.
Ringraziandoti per la chiacchierata, volevo chiederti quanto conta per te la dimensione live e il passaparola dei concerti rispetto ai freddi numeri dello streaming…
Cosa contano queste cose? Per me, tutto. Il 100% della mia soddisfazione arriva da chi sta sotto al palco e dai rapporti con chi affronta ogni giorno le difficoltà della dimensione live. Il resto, a guardarlo bene, mi fa solo incazzare.