Non riesco a immaginare situazione più speciale e perfetta degli Interpol nell’anfiteatro Vittoriale.
Mi spiego.
Fanno tappa fugace dopo l’anno scorso tra I-days, Torino e Roma e scelgono la villa del Vate con i suoi viali e il suo splendido panorama che abbraccia il lago. Piove, Piove dalle nuvole sparse, Piove su le tamerici salmastre ed arse (scusate la colta digressione) ma smette non appena iniziano con una emozionante “C’mere”, poi “Say hello to the angels” inaspettata fino a una “Take you on a cruise” che spacca (il mio) cuore.
Vanno filati Banks e compagni nonostante qualche inciampo e un sostituto di Fogarino (ancora acciaccato) che suona davvero bene ma non è proprio addentro al mood interpoliano. Il pubblico però apprezza e un anfiteatro stracolmo si emoziona quando Paul resta da solo con la sua voce a declamare “Pioneer to the falls”.
Scaletta assassina che tocca tutti gli album e concerto che fila via veloce e snello; senza fronzoli e parole inutili; solo qualche grazie, i balletti di Kessler sempre preciso e chirurgico e i pezzi giusti al posto giusto anche se manca come sempre “Pace is the trick” e assurdamente “Untitled”, ma non si può avere tutto.
Li vedo eleganti, giacca, cravatta, sempre raffinati, notturni, distaccati e sono convinto che a Gabriele sarebbero piaciuti un sacco e magari il Vate era pure lì ieri sera, appoggiato a una colonna a struggersi ai versi bellissimi di “Nyc” perchè Paul Banks, Daniel Kessler e Sam Fogarino (pure se non c’era), sono gli ultimi eroi romantici, gli ultimi che “ardiscono e non ordiscono“.