È un album che trasuda nostalgia post-punk da ogni solco questo “New Town Dream”, seconda fatica in studio a firma Neutrals. Una cosa è certa: il trio californiano è cresciuto col mito delle band inglesi di fine anni ’70/inizio anni ’80 e non fa davvero il minimo sforzo per nasconderlo. Più che una passione, si tratta di una vera e propria ossessione per il cantante e chitarrista Allan McNaughton che, spesso accompagnato dalla bassista Lauren Matsui, fa sfoggio di una voce indolente e scazzata modellata su quelle dei padri nobili del genere.

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Un sound secco e “scheletrico”, contraddistinto da schitarrate taglienti come rasoi e ritmi nervosi ma ballabili, dà un tocco lo-fi alle tredici canzoni di un’opera che si pone a metà strada tra il post-punk più sanguigno, ruvido ed energico degli albori (Josef K, Gang Of Four, primissimi Scritti Politti) e il jangle pop di scuola C86, dal sapore fortemente melodico e quasi sbarazzino.

Tra sorprendenti richiami al dub (la brevissima intro “New Town Dream”), qualche interessante ma non brillantissimo esperimento elettronico (“How Did I Get Here”) e una caterva di potenziali singoli impreziositi da hook e ritornelli degni di nota (“Wish You Were Here”, “Travel Agent’s Windows” e “Phantom Arcade”, solo per citarne alcuni), l’album dei Neutrals scivola via che è una bellezza.

Ma a fine ascolto, assodata la totale assenza di idee originali e canzoni realmente incisive, resta la spiacevole sensazione di aver trascorso troppi minuti in compagnia di un disco carino ma derivativo, privo di quelle “stranezze” e di quei tratti personali che avrebbero potuto farlo emergere dalla massa indistinta del post-punk revival.

Va anche bene questa perenne celebrazione di un passato che è, senza ombra di dubbio, degno di essere tramandato ai posteri; ma, se non si è disposti ad aprire uno spiraglio sufficiente a intravedere un barlume di modernità o di futuro, la musica corre il serio rischio di trasformarsi in materiale da museo. Bella e ben fatta, certo; ma pur sempre una riproduzione fedele – seppur qualitativamente inferiore – di quanto prodotto decenni fa.