Di Giulio Sangirardi Bortolotti
Arriva finalmente anche la data italiana dei Ride: il concerto è inserito nel contesto di Arti Vive Festival, rassegna modenese sempre ricca di ottimi appuntamenti. I fan rispondono presenti, visto che il colpo d’occhio della piazza è decisamente bello. Non potrebbe essere altrimenti, visto che questa è l’unico live in terra italiana del quartetto inglese.
Diciamolo subito, a scanso di equivoci: complice anche una temperatura praticamente perfetta (un caldo afoso non avrebbe certo giovato), i quattro di Oxford hanno regalato un concerto emozionante, potente e coinvolgente.
L’inizio è affidato a “Monaco”, uno dei singoli dell’ultimo album, “Interplay”, uscito in primavera. Un disco che ha diviso in due la fanbase della band, ma che dal vivo dimostra di non sfigurare con i classici. Alle note dell’arpeggiatore che apre la maestosa “Leave them all behind”, il pubblico capisce già che la scaletta sarà particolarmente gustosa e sapientemente divisa fra i classici ed il nuovo lavoro, segue a ruota “Twisterella”, per un inizio di concerto perfetto!
Qualche piccola noia tecnica ed un suono non proprio memorabile non impediscono ai nostri di regalare una gran serata al pubblico che li accoglie molto calorosamente dopo quasi otto anni di assenza dai palchi italiani. Il quartetto è carico, decisamente orientato a divertirsi ed a farci godere la serata, mettendo in campo molta energia e gran mestiere.
Mark Gardener è in gran forma e canta la maggior parte dei brani in scaletta, suonando oltre alla chitarra anche il secondo basso in brani come “I came to see the wreck” e “Last frontier”. Andy Bell alla chitarra (e voce) si dimostra ancora una volta un maestro nel suo genere, lasciandosi davvero andare a briglie sciolte in “Dreams Burn Down”, uno degli apici della serata, il brano manifesto che fa capire perché questo gruppo è giustamente una leggenda nel suo campo, con quelle atmosfere che mescolano sapientemente sognante malinconia ad abrasività, dolcezza a rumore, in una miscela perfetta.
Alla batteria un monumentale Loz Colbert si conferma il miglior batterista britannico della sua generazione (se nell’ultimo album Loz, a tratti, risulta sottodimensionato, beh, vi assicuro che dal vivo è veramente uno spettacolo!), in coppia col serafico Steve Queralt forma il poderoso e preciso pilastro ritmico della formazione.
L’onirica “OX4” ci accompagna, seguita da “Peace Sign” alla potente “Portland Rocks”, che a mio avviso è il brano di “Interplay” che meglio rende dal vivo, richiamando decisamente le atmosfere dei Ride primissimi anni 90, periodo “Leave Them All Behind” per intenderci. “Chrome Waves”, “Lannoy Point” ( dal primo album post reunion) e la meravigliosa “Taste”, con la sua peculiare intro di basso, compongono un altro trittico che carica ancora di più il pubblico. Dopo una brevissima pausa, il finale è un goal a porta vuota: il pubblico dei Ride infatti non può non impazzire con la sequenza composta da “Vapour Trail” ( con i fan più carichi che intonano la parte di violoncello presente su disco, come da tradizione) “Seagull” e “Chelsea Girl”.
Mentre gli altri Ride spariscono subito dopo il concerto, un generoso Mark Gardener rimane a lungo a firmare autografi e fare foto col pubblico, con rara disponibilità. Non si poteva chiedere di più al gruppo, che speriamo ricalchi presto un palco italiano con pari potenza ed entusiasmo.