Non ha alcuna intenzione di riposarsi il veterano Kelley Stoltz che, con questo nuovissimo “La Fleur”, aggiunge un prezioso tassello a una discografia apparentemente sterminata. Il diciottesimo album solista del polistrumentista statunitense è una piccola festa a tema psichedelico in cui ogni traccia è un concentrato di umori e colori diversi.
Un vero e proprio evento musicale per celebrare la nascita della sua prima figlia e, perché no, rendere omaggio a sé stesso e alla sua lunga e ricca carriera costellata di prestigiose collaborazioni (tra le tante impossibile non citare quelle con Robyn Hitchcock e Osees). Senza contare poi le esperienze da support act nelle tournée The Raconteurs, Jack White, Pavement ed Echo & The Bunnymen!
Stoltz, da fine cesellatore di melodie qual è, ci consegna un buon album di pop psichedelico dal gusto elegantemente vintage. Il sound definito e cristallino dona alle dodici canzoni della raccolta un fascino antico, simile a quello che potevano avere le fatiche di alcuni giganti del rock “colto” ma radiofonico del periodo a cavallo tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’80. Non è un caso, quindi, che l’artista americano citi i Fleetwood Mac e i Roxy Music di “Avalon” tra le sue principali ispirazioni per “La Fleur”.
Seppur non toccando i livelli d’ispirazione dei suoi irraggiungibili maestri, Kelley Stoltz dimostra per l’ennesima volta di essere un gran professionista. Il suo psych-pop è una delizia per le orecchie: ipnotico, pregno di atmosfere lisergiche ma a suo modo anche di facile ascolto. Musica profonda, splendidamente elaborata e immediata, segnata com’è nell’anima da hook e ritornelli costruiti ad arte per stamparsi in testa. I continui richiami al garage rock, al krautock e al jangle pop non possono far altro che impreziosire ulteriormente un album davvero degno di attenzione nel quale spicca un piccolo gioiello melodico intitolato “Hide In A Song”.